In Serbia trionfa il conservatore Vucic
BELGRADO. Doveva essere una grande vittoria. È stato invece un vero e proprio trionfo. Un trionfo, alle elezioni parlamentari anticipate in Serbia, per il Partito del progresso serbo (Sns), guidato da Aleksandar Vu›i„, ormai certo di diventare il prossimo primo ministro a Belgrado. Saranno lui e i suoi fedelissimi a condurre la Serbia nei futuri cruciali anni, nella battaglia per la ripresa economica e durante i negoziati di adesione all’Ue. Lo hanno rivelato ieri sera i più affidabili risultati preliminari resi pubblici dal Centro per le elezioni libere e la democrazia.
Poco dopo le 22, il verdetto. L’Sns ha conquistato il 49% circa dei voti, garantendosi la maggioranza assoluta in Parlamento con 157 seggi su 250 in ballo. Al secondo posto, la coalizione arroccatasi intorno ai Socialisti di Ivica Dacic, che è riuscita a calamitare i favori del 14% dell’elettorato e a vincere una cinquantina di seggi nella “Narodna skupstina”. Per gli altri, le briciole. Il Cesid ha infatti specificato che solo altri due fra i maggiori partiti, a parte quelli delle minoranze, hanno superato la soglia di sbarramento del 5%. Due partiti che sono l’espressione di una lotta fratricida che si è rivelata perniciosa per entrambi, il Partito democratico (Ds) di Dragan Djilas e il Nuovo partito democratico (Nds) fondato dal fuoriuscito Boris Tadic, quotati entrambi intorno al 6%. Ai Democratici dovrebbe così andare la miseria di diciannove seggi, agli uomini di Tadic 18. Fuori dai giochi, i Dss di Vojislav Kostunica, un po’ a sorpresa, oltre ai liberaldemocratici di Ceda Jovanovic, all’Urs dell’ex ministro dell’Economia Dinkic e i Radicali.
L’affluenza, al 53,2%, -5,5% rispetto al 2012. È un «risultato per certi versi atteso», ma va sottolineato che «per la prima volta dopo gli Anni Novanta avremo un partito che controllerà l’intero Paese, oltre che probabilmente Belgrado», dove l’Sns, alle comunali, è dato al 46,5%, specifica al Piccolo l’analista politico Dragan Popovic. «Altro fatto importante», aggiunge subito dopo Popovic, «avremo un’opposizione molto debole», con i Democratici, «unico vero partito d’opposizione, che ha di poco passato la soglia» del 5%. «Non è una cosa buona per la democrazia in Serbia, ma vedremo, vedremo i risultati di questo grande potere» concentrato nelle mani dei Progressisti e soprattutto di Vu›i„.
Vu›i„ che ha esultato dopo il voto, assicurando che non umilierà nessuno, che ascolterà tutti i partiti, che la Serbia «continuerà nel percorso d’integrazione Ue, nella lotta contro la corruzione» e nella battaglia «contro la disoccupazione». Vucic che, nel giro di 21 anni, è riuscito così definitivamente a trasformarsi da ultranazionalista nelle file dei Radicali in fiero europeista, con non velate venature populistiche. Sul suo curriculum, anche il ruolo di ministro dell’Informazione sotto Milosevic e la difesa a spada tratta di Mladic. Poi, l’uscita dall’Srs, la fondazione dei Progressisti nel 2008, la svolta europeistica, nel 2012 l’entrata nel governo. I tempi cambiano, rapidamente, anche in Serbia.
Una Serbia pronta a concedersi completamente a Vu›i„. Lo si percepiva nell’aria già ieri mattina, gironzolando per Belgrado. «Bisogna distinguere tra opinioni, previsioni e desideri», aveva anticipato davanti al “Biracko mesto 56” tal Milan Spasovic. «Non è il mio politico ideale, ma Vucic ha dato l’impressione di voler cambiare le cose, di poter fare qualcosa per la Serbia. Poi, certo, vedremo i fatti». All’uomo aveva fatto eco un pensionato, che non ha voluto dare «assolutamente il nome». Anziano con cappello in testa e giacca a vento, che conferma però la sensazione del trionfo di Vu›i„, «che ha potuto contare su una propaganda più forte e qui la gente è assai sensibile». Falliti invece i tentativi di persone come Jelena, incontrata davanti a un altro seggio belgradese. «Ho votato Ds, malgrado tutto, nella speranza che i progressisti non ottengano un plebiscito». Una speranza seccamente delusa.
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