In Serbia boom di infetti, superata la soglia d’allarme. Coprifuoco a Belgrado

Lievi le risposte del governo al proliferare dell’epidemia nel Paese. Nelle ultime 24 ore sono stati segnalati 309 nuovi contagi. Il totale delle persone positive sale a 2.124  
A worker wearing protective gear holds a sanitizer, at the station in Rijeka, Croatia July 1, 2020. REUTERS/Antonio Bronic
A worker wearing protective gear holds a sanitizer, at the station in Rijeka, Croatia July 1, 2020. REUTERS/Antonio Bronic

BELGRADO Record di decessi in un giorno dall’inizio dell’epidemia. E capitale, maggior focolaio a livello nazionale, di nuovo in “situazione d’emergenza”. Non accenna a placarsi, in Serbia, la nuova ondata di contagi da coronavirus, che da ormai più di due settimane sta sferzando, con sempre maggior virulenza, il Paese balcanico. Serbia dove tra giovedì e venerdì, secondo i dati ufficiali forniti dal ministero della Salute, sono stati ben undici i morti per Covid-19, la cifra più alta mai registrata in un giorno, portando il totale dei decessi collegati al virus a 298, numero comunque ancora relativamente basso se posto in relazione al numero di abitanti.

In forte aumento – ma meno di giovedì – rimangono anche i nuovi contagi, 309 nelle ultime 24 ore, per un totale di 15.504. In crescita continua anche le persone attualmente positive, che sono passate dalle 1.996 di giovedì alle 2.124 di ieri. Elevata pure la percentuale di positivi in relazione al numero dei tamponi effettuati, che veleggia da giorni oltre il 3-3,5%, con punte del 5,1% il 28 giugno. Preoccupante inoltre il dato dei pazienti collegati a un respiratore, i più gravi, ora ben 85 (+4 in un giorno), lo stesso livello registrato a fine aprile. Continua nel frattempo ad ampliarsi, in tutto il Paese, la massa delle persone in isolamento domiciliare, in particolare a Novi Sad, Sabac, Uzice, Kragujevac, Nis e Leskovac. Numeri e quadro generale che giustificano scelte severe, come la decisione di porre Belgrado, la città dove si registrano la gran parte dei nuovi contagi, di nuovo in stato d’emergenza, una mossa annunciata ieri dal sindaco della capitale, Zoran Radojicic, poi confermata dal governo serbo.

Fra le nuove misure implementate nella metropoli – al momento ancora blande – multe per chi non rispetta l’obbligo di mascherine al chiuso e sui mezzi pubblici, ma anche la chiusura dei nightclub, bar e ristoranti dopo le 23 e il divieto di assembramenti con più di cento persone al chiuso, cinquecento all’aperto. A Belgrado si sono registrate anche proteste degli studenti, dopo la decisione annunciata dal presidente Vucic in un accorato ma anche criticato discorso alla nazione – e subito rientrata a causa dell’alzata di scudi dei giovani – di chiudere i dormitori, segnalati come nuovi pericolosi focolai nella capitale. Situazione d’emergenza che è in vigore anche in altre città serbe, tra cui Novi Pazar – dove i decessi per Covid-19 sono stati ben cinque nelle ultime ore - Vranje, Kragujevac, Cacak e Tutin, dove l’epidemia non sarebbe più sotto controllo, ha denunciato alla Tv N1 il numero uno dei servizi epidemiologici locali, Mithat Eminovic.

Tre i morti in poche ore anche a Nis, nel sud del Paese, fin dall’inizio della pandemia fra le aree più colpite dei contagi. Ma «nessuna parte del Paese è sicura», come confermerebbe l’emergere di nuovi focolai, ha ammonito l’epidemiologo Predrag Kon, che ha stimato che circa un 10% della popolazione serba ha oggi sviluppato anticorpi, un livello alto, ma ancora lontanissimo dall’immunità di gregge. Secondo Kon, una delle figure più influenti all’interno del comitato di crisi nazionale per il coronavirus, la circolazione del virus sarebbe oggi ai massimi livelli di sempre, con una situazione epidemiologica non peggiore di quella di marzo-aprile, ma «comunque non facile», neanche un po’. —

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