In ritardo il decreto salva-Electrolux
TRIESTE. Sembrava essere determinante per il fausto esito della delicata trattativa, ma non è ancora andato in onda: così il decreto legge, con cui il governo Renzi si impegnava a intervenire sulla decontribuzione dei contratti di solidarietà per attenuare le bellicose intenzioni di Electrolux, è parcheggiato nelle stanze romane.
Dovrebbe toccare al ministero del Lavoro, per competenza, rimetterlo in moto e convertirlo, ma del provvedimento, dalle gloriose giornate del 14 e del 15 maggio, si sono perse le tracce. Fonti aziendali sdrammatizzano, nel ritenere che sia solo questione di giorni. Più preoccupati i sindacati, perchè di fatto il governo si era reso garante dell’accordo concluso alla presenza del ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi. Il decreto stanzia 15 milioni, ma non si tratta di un intervento “ad hoc” destinato alle sole esigenze del gruppo Electrolux: occorre, quindi, capire i paletti che verranno fissati per la cernita degli interessati.
E non è l’unico passaggio da capire: a suo tempo il governo aveva detto che l’intesa tra le parti andava raggiunta non oltre la metà di maggio, per permettere la conversione del decreto. Ora, battendo oggi il 27 giugno, di tempo ne è passato da quelle fatidiche idi di maggio, dunque andrà verificato il valore retroattivo attribuibile al testo. I sindacati, inoltre, temono che l’estensione del beneficio lungo tutta la durata del piano (fino al 2017, per intenderci) possa subìre qualche alterazione nella versione definitiva.
Dopo la grande attenzione mediatica concentratasi sulla vertenza Electrolux nei lunghi sette mesi del confronto, i fari sono andati progressivamente spegnendosi. Il premier Renzi, i ministri Guidi e Poletti avevano insistito sul “metodo Electrolux” come modello di relazioni industriali. L’intesa, sottoscritta in pompa magna a palazzo Chigi, statuisce fino alla scadenza del 31 dicembre 2017: tutti 4 i siti produttivi italiani (Porcia, Susegana, Solaro, Forlì) restano operativi; non si toccano salari e posti di lavoro; l’azienda investe 150 milioni, 32 dei quali nello stabilimento di Porcia; i permessi sindacali sono tagliati del 60%. Porcia vedrà la produzione ridotta da 1.150mila pezzi a 750 mila, mentre 150 esuberi dovrebbero essere reimpiegati in una nuova attività all’interno della grande fabbrica pordenonese.
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