In Risiera medaglie e lacrime Ex deportati rimasti in tredici

Il sindaco Cosolini: «Guai a sottovalutare i segnali di xenofobia e intolleranza» Officiati riti dal vescovo Crepaldi e dai rappresentanti delle altre confessioni
Silvano Trieste 27/01/2015 Risiera di San Sabba, Giornata della Memoria
Silvano Trieste 27/01/2015 Risiera di San Sabba, Giornata della Memoria

«Siamo rimasti in tredici noi triestini sopravvissuti ai lager nazisti e cinque o sei non ce la fanno più nemmeno a uscire di casa». È la frase che pronuncia Riccardo Goruppi, 88 anni partigiano di Prosecco tornato miracolosamente da Dachau dove invece suo papà ci rimise la vita, mentre piega il gonfalone biancoazzurro dell’Aned alla fine della cerimonia in Risiera in occasione della Giornata della memoria. A settant’anni dall’abbattimento dei cancelli di Auschwitz da parte dell’Armata rossa si assottigliano sempre più le file dei testimoni diretti di quella catena di montaggio dell’orrore che fu l’Olocausto. Nove mesi fa se n’è andata Marta Ascoli che ha scolpito le proprie memorie in un libro dal titolo fortemente ammonitorio: “Auschwitz è di tutti”. Perché si va palesando il pericolo che con la scomparsa degli esempi viventi di quella tragedia, il mondo abbassi la guardia nei confronti di una terribile replica e forse anche la presenza numericamente non eccezionale di persone alla cerimonia di ieri è stato un segnale. «È certo eccessivo paragonare i segni di intolleranza e di xenofobia cui assistiamo un po’ ovunque oggi con la ferocia sistematica del nazismo - ha detto nel suo discorso il sindaco Roberto Cosolini - ma anche lì ci fu un inizio, sottovalutato, ma abilmente manovrato, capace di far leva sul disagio e sul malessere sociale, di far provare in una progressione crudele prima fastidio, poi aperta intolleranza, infine odio diffuso». «Abbiamo l’obbligo di approfondire le ragioni storiche, sociali e politiche che portarono al nazifascismo - ha aggiunto il sindaco di Duino Aurisina, Vladimir Kukanja - affinché i giovani diffidino da tentazioni revisioniste o, peggio ancora, negazioniste».

Cosolini ha anche allargato il discorso: «La nostra Trieste era una punta di diamante di quell’Europa edificata all’insegna dei lumi, fervente di iniziative nel commercio e nell’economia, nella cultura e nelle arti, sviluppatasi a partire dai principi illuministi della libertà e dell’autonomia dell’individuo. È contro questa civiltà che i totalitarismi si sono scagliati con una furia omicida disumana». E non ha mancato un accenno ai recenti tragici attentati in Francia: «Una sfida lanciata agli stessi pilastri della civiltà occidentale».

A un altro triestino deportato e scampato alla morte nei lager nazisti, Giuseppe Crevatin anch’egli di 88 anni, il prefetto Francesca Adelaide Garufi ha consegnato una medaglia d’onore. Le medaglie per Marta Ascoli, Livio Godnic e Federico Premru invece hanno dovuto purtroppo venir ritirate dai parenti commossi. A fare da cornice, come di consueto, le rappresentanze con gonfaloni e stendardi dei Deportati e perseguitati, dei Partigiani, dei Volontari della libertà, dei Caduti, delle Associazioni combattentistiche e d’arma, dei sindacati. Due corone d’alloro sono state deposte sotto l’ex forno crematorio: la prima da parte degli enti territoriali, la seconda da parte di gruppi e associazioni. Riti religosi sono stati officiati dal vescovo Giampaolo Crepaldi, dal rabbino Eliezer Shai Di Martino, dall’archimandrita Gregorio Miliaris, dal pope Rasko Radovic e dal pastore Ruggero Marchetti.

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