In “Privata” per bere due bicchieri con gli amici
Il vino, da sempre, costituisce non solo un importante elemento dell'alimentazione dell'uomo, ma anche una sorta di fedele compagno di viaggio dell'uomo nella storia. Lo è nella Bisiacaria, il lempo di terra che si sviluppa tra l'Isonzo ed il Timavo, dove la vite fu introdotta in tempi antichissimi e da quel momento influenzò in diverso modo l'esistenza di tutti gli abitanti di questa zona. E' qui che, ancora oggi, si trovano le “Private”, ovvero quei luoghi, sede di tante aziende agricole della zona, dove, in un certo periodo limitato dell'anno, approssimativamente per un mese, viene venduto il vino di produzione propria. Una tradizione che trova radici lontane e resiste all'usura del tempo.
In “Privata” si va per bere un bicchiere di vino, magari anche due, gustare un uovo sodo, ma anche per socializzare, per trovare gli amici, un tempo, oggi decisamente molto meno, anche per giocare a morra o cantare. Una tradizione che ci rimanda ai tempi dell'impero austroungarico, quando, per la prima volta, vennero autorizzate le aziende locali a vendere in proprio la loro produzione. Nel 1784, infatti, un decreto imperiale asburgico aveva permesso ai contadini di vendere direttamente al pubblico vino e generi alimentari, senza restrizioni di prezzo. Le uniche condizioni, allora come oggi, erano che ciò avvenisse in un periodo limitato di tempo e che la “Private” in attività, come avviene anche adesso, esponessero una frasca come riconoscimento. Molto è cambiato, da allora, ma le “Private”, da Ronchi dei Legionari, dove il suo numero è il più alto di tutta la Bisiacaria, a Staranzano, sino a Turriaco o San Canzian d'Isonzo, sono sempre luogo di ritrovo, in modo particolare riservato agli uomini. Se, sotto il dominio austriaco, non bisognava pagare alcuna imposta, con l'arrivo dell'Italia, all'indomani della prima guerra mondiale, i contadini, dopo aver ottenuto un'apposita licenza comunale, erano obbligati a condurre i propri “caratelli” di vino dal daziere per farvi apporre l'obbligatorio sigillo di ceralacca e pagare la tassa seguente.
Oggi come oggi l'autorizzazione comunale è sempre obbligatoria e quando il vino è pronto i produttori sistemano su un palo di legno la frasca all'esterno ed aprono le porte della loro azienda. I bicchieri e le brocche di vetro non vengono più affittate come un tempo ed anche l'accompagnamento di salumi o formaggi non è sempre previsto dai regolamenti. L'orario appare sempre ancorato alle usanze del passato, dalle 10 di mattina alle 21, spesso con un paio d'ore di pausa durante il pranzo. «Un luogo di ritrovo e di svago – mette in luce il ronchese Livio Trevisan, cultore delle tradizioni locali – dove ci si trova con i vecchi amici e, spesso, dove non di rado si deve fare i conti con parecchi giri che vengono pagati via via da chi si imbatte sulla tua strada. Una tradizione che non ha i numeri di un tempo, ma il segnale che la Bisiacaria è viva e vicace, nonostante tutto». Nel passato, poi, spesso le “Private” erano frequentate da suonatori di fisarmonica, ben accetti perchè attiravano la clientela. In cambio della loro musica essi ricevevano dai padroni di casa vino e anche qualcosa da mangiare. Un aspetto, questo, che non esiste più, come non esistono più i bagni sistemati alla bella è meglio dietro al letamaio e constistenti in una tavola con un foro circondata da fusti di granoturco. Qualche anno fa fece scalpore la decisione di aumentare il prezzo del calice da 40 a 50 centesimi. Ed all’ombra delle frasche che da sempre contraddistinguono la presenza di questi antichissimi luoghi di mescita del vino, apparvero persino dei volantini, attraverso i quali un gruppo di clienti chiese che i gestori, gli agricoltori che qui vendono il loro prodotto, decidano di fare marcia indietro, di tornare ai 40 centesimi o, qualora non l’avessero ancora fatto, di non procedere con l’aumento. Le “Private” hanno una tradizione antichissima sul territorio che va dall’Isonzo al Timavo. Una tradizione che è stata “cantata” nelle poesie e nei racconti, ma che è stata anche oggetto di ricerche e di una non trascurabile produzione editoriale. Per molti anni, infatti, Roberto Covaz curò molte edizioni di una guida tutta particolare, vale a dire “Bere in Bisiacaria”, la storia di queste realtà fu raccontata anche attraverso le pubblicazioni della Pro Loco di Monfalcone ed ispirò il poeta Augusto Tambarin a comporre la celeberrima “Vin, sol vin”, protagonisti Meni e Toni che, alla fine della loro giornata, esclavamano “Salve Toni, viva Meni, 'ndemo casa, semo pieni”. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo