In Italia su un gommone. Lei arrivò dopo le nozze

GRADISCA D’ISONZO. Le colleghe di Migena Kellezi, nel negozio di telefonia del centro commerciale Tiare di Villesse dove la donna lavorava da un paio di mesi, la ricordano come una donna solare, sempre sorridente: «Non possiamo darci una spiegazione per questa tragedia», hanno detto aggiungendo poi che «si era inserita alla perfezione nell’ambiente, anche perché aveva precedenti esperienze nel settore. A sentirla parlare nessuno avrebbe detto che non era nata in Italia: aveva una padronanza totale della lingua anche se amava visceralmente il suo paese d'origine».
È questo il ricordo di Migena, mentre in merito a eventuali attriti con il marito, le stesse colleghe dicono di non saperne nulla. «C’è stato troppo poco tempo per entrare in intimità - spiegano -. Comunque non ne ha mai parlato male. Non avevamo la minima idea che potesse accadere questo dramma». «La donna - raccontano ancora - era sempre disponibile per il figlio. Lo cercava con gli occhi di una mamma innamorata. Era il suo primo pensiero. Ne parlava con quel trasporto tipico delle mamme che custodiscono e proteggono il loro tesoro».
Nonostante la quiete descritta dai vicini che non hanno mai sentito litigare la coppia, il matrimonio era comunque in crisi da parecchio, tanto che Dritan e Migena si stavano separando. E separati di fatto lo erano già da tempo in casa. Nel proprio profilo Facebook la donna aveva fatto sparire le immagini assieme al marito da oltre due anni. Oltre a foto di svago e di amici, l’unico protagonista della bacheca virtuale era l’adorato figlio, sua vera ragione di vita. Il piccolo è stato ora affidato a un amico di famiglia, circostanza che ha evitato la collocazione in un impersonale centro di accoglienza per minori. I nonni abitano in Albania e sono già in viaggio per l’Italia.
Italia dove Dritan Sulollari era giunto quasi vent’anni fa. «Il mare di notte: lo hai mai visto? Quello sì che fa paura». Cominciava così il racconto di Sulollari a un amico su quel suo viaggio dall’Albania all’Italia. Sbarcò in Puglia quando aveva 17 anni. Era il 1998. Dopo la traversata su un gommone con quattro motori da 100 cavalli l’uno, non aveva potuto sedersi per dieci giorni. La sua avventura con gli scafisti era stata drammatica. «La prua saltava sul nero delle onde e quando tornava giù sbatteva sull’acqua e faceva scintille. Sembra assurdo, ma è così. E stare a prua era la cosa peggiore». Aveva raccontato che gli scafisti non si facevano scrupoli a gettare la gente in acqua per alleggerire il gommone e scappare così dalle vedette della Guardia di Finanza.
Lui era venuto da solo e dopo un breve periodo nell’illegalità era riuscito ad ottenere i documenti e aveva trovato un lavoro. Lavorava come cameriere nelle pizzerie. Dopo un lungo peregrinare, si era fermato a Gradisca d’Isonzo. E proprio a Gradisca d’Isonzo l’aveva raggiunto la moglie con cui si era sposato una dozzina d’anni fa. I due avevano poi avuto un figlio.
A detta dei suoi ex datori di lavoro, dal punto di vista professionale, Dritan Sulallari era molto bravo. Sapeva trattare con i clienti e non gli sfuggiva niente. Gli bastava la coda dell’occhio per avere sotto controllo l’intera situazione della sala.
Nonostante questo, un paio d’anni fa era stato allontanato da una pizzeria di Gorizia per una storia di presunte molestie sessuali, emerse a seguito della denuncia di una collega, la quale aveva affermato di essere stata palpeggiata.(s.b.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo