In Fvg un pensionato su tre deve sopravvivere con meno di 800 euro

I sindacati denunciano: «In Fvg 117 mila persone in grande affanno». Vertice con gli eletti per chiedere rivalutazione e meno tasse
Pensionati all'Inps
Pensionati all'Inps

TRIESTE Un pensionato su tre in Friuli Venezia Giulia è costretto a vivere con meno di 800 euro netti al mese. Ma sarebbe più corretto parlare di sopravvivenza, per chi con una somma del genere deve mantenere una casa, magari pagare un affitto, fare la spesa e affrontare gli acciacchi dell’età. Il grido d’allarme è stato lanciato ieri dai sindacati dei pensionati in un incontro con alcuni parlamentari regionali a Udine, dove Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp hanno evidenziato che 117 mila pensionati su 354 mila devono campare con un reddito inferiore ai mille euro lordi.

I sindacati hanno avuto un confronto trasversale con Mario Pittoni (Lega), Walter Rizzetto (Fdi), Debora Serracchiani (Pd) e Renzo Tondo (Nci), presentando alla politica i propri cahiers de doléances in vista della manifestazione nazionale di sabato prossimo. Per i segretari regionali Roberto Treu (Spi-Cgil), Renato Pizzolitto (Fnp-Cisl) e Magda Gruarin (Uilp-Uil), «qualcuno si ostina a considerare i pensionati come una categoria indenne dagli effetti della crisi». Così evidentemente non è e la triplice denuncia che i problemi non sono solo quelli dei beneficiari della “minima” ma anche di chi, pur potendo godere della rivalutazione, «ha subito un’evidente riduzione del potere di acquisto», come evidenziato da Treu.

Proprio il nodo rivalutazioni è sotto il faro dei sindacati, che in una nota parlano di «tagli pesantissimi» alla rivalutazione già a partire da pensioni non certo ricche come quelle al di sopra dei 1.500 euro lordi, circa 1.200 euro netti. Tutto è cominciato ai tempi del governo Monti e si calcola che nel solo Fvg i pensionati colpiti dal blocco dell’adeguamento all’inflazione tra 2012 e 2019 siano 150 mila, con una perdita complessiva di 800 milioni di assegni non goduti sui 31 miliardi persi a livello nazionale dai quasi 6 milioni di pensionati colpiti dal blocco (su un totale di 16 milioni).

Treu, Pizzolitto e Gruarin denunciano l’assenza nella prossima stabilità di politiche dedicate ai lavoratori in quiescenza: «Non pervenute. Come le temperature di Mosca ai tempi della Guerra fredda», comincia la nota diramata dopo il confronto con i parlamentari. Per Cgil, Cisl e Uil «nel bilancio, al momento, c’è solo il mini incremento di pochi centesimi sulla rivalutazione delle pensioni tra i 1.500 e i 2.000 euro. Sfumate tutte le misure rivendicate per passare a un sistema più equo di adeguamento degli assegni, come anche un taglio delle imposte sulle pensioni. I sindacati chiedono risposte concrete da subito».

La mobilitazione è fissata a Roma per il 16 novembre. Nella capitale i sindacati chiederanno anche di estendere alle pensioni fino a 1.500 euro lordi (82 mila potenziali interessati in Fvg) la cosiddetta quattordicesima, oggi prevista per gli assegni fino a mille euro. Tutta da giocare anche la partita sul fisco: «Se prendiamo a riferimento – ha spiegato Pizzolitto – un reddito di 20 mila euro lordi, il carico Irpef sulle pensioni italiane è di oltre 4 mila euro, a fronte dei mille di quelle francesi e dei 39 della Germania, per una tassazione media europea del 13%, contro il 20% dell’Italia. Tutto questo senza che le nuove detrazioni previste in finanziaria interessino i pensionati». L’altro nervo scoperto è quello della non autosufficienza. I sindacati chiedono una legge di tutela e un rafforzamento del welfare. «Di fronte a oltre 30 mila ultrasessantacinquenni residenti in Fvg totalmente non autosufficienti e 78 mila che soffrono di limitazioni parziali, è evidente – ha detto Gruarin – quanto sia importante rafforzare i servizi territoriali e integrare sanità e assistenza. Cose previste dalle due riforme sanitarie della passata e dell’attuale legislatura, ma che restano purtroppo sulla carta». —


 

Riproduzione riservata © Il Piccolo