In Fvg sotto tiro il “nuovo” comparto unico
TRIESTE. Paolo Panontin tiene il disegno di legge aperto, si dice disponibile al confronto, riaggiorna il tavolo a martedì 2 febbraio. Ma, nella riunione che ieri ha avviato la trattativa con sindacati e datori di lavoro degli enti locali sul “nuovo” comparto unico, non sono mancate le critiche. Cgil, Cisl, Uil e Ugl le riassumono in una corposa nota con le correzioni a margine dell’articolato. Mentre i sindaci, sulle barricate con il presidente Mario Pezzetta, già lanciano l’aut aut: «Se il testo non ci restituirà il nostro fondamentale ruolo di datori di lavoro, non parteciperemo alla discussione della legge».
I toni sono più o meno duri, ma quel che è certo è che l’ultima versione del ddl, un totale di 49 articoli, non convince. L’assessore, pur parlando di incontro «nel suo complesso positivo», ammette le «distanze da colmare tra principi e loro declinazione» e chiede collaborazione per rispondere al «vero datore di lavoro: i cittadini». La questione principale è il mancato equilibrio tra i pochi dirigenti e l’esercito dei 14mila lavoratori dell’area non dirigenziale. «La proposta rimane per la maggior parte riferita ai piani alti», è l’accusa delle categorie.
Il riferimento è alla previsione del Ruolo unico dei dirigenti, a unire la burocrazia della Regione e degli enti locali, i segretari provinciali e comunali, un’impostazione generale che non convince in particolare la Uil. «Si rischia di violare l’articolo 97 della Costituzione – osserva Maurizio Burlo –, quello che parla di pubblici uffici organizzati in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. Il ddl, così com’è scritto ora, fa al contrario ipotizzare che i dirigenti, forzatamente asserviti alla politica, non potranno mantenere la loro indipendenza». Burlo cita l’articolo 9 comma 2, lì dove si prevede che «l’inosservanza delle direttive impartite o il reiterato mancato e ingiustificato raggiungimento degli obiettivi possano comportare «la revoca dell’incarico o, in relazione alla gravità dei casi, il recesso dell’amministrazione dal rapporto di lavoro».
In sostanza, commenta il segretario della Uil Fpl, «si apre alla possibilità di imporre al dirigente di eseguire gli ordini sempre e comunque, pena il licenziamento». Panontin replica via comunicato: «Non vorrei che qualcuno pensasse di sostituirsi alla politica nel ruolo decisionale. Ciò detto si tratta di trovare il giusto equilibrio tra l’indipendenza dei dirigenti e il ruolo di governo degli esecutivi».
Un’altra materia contestata è quella delle Po. Nel merito Mafalda Ferletti, segretaria della Cgil Fp, chiede di inserire in legge una limitazione al ricorso a personale esterno «solo in assenza di dipendenti interni con la professionalità richiesta», oltre che una «clausola di salvaguardia che preveda, in sede di prima applicazione, che le Po che abbiano l’incarico da almeno due anni entrano nell’elenco senza la prova pratica attitudinale». Andrà inoltre chiarito l’aspetto economico (le Po possono valere in Regione fino a 16mila euro lordi all’anno, nei Comuni non oltre 10 mila euro). Dopo di che, prosegue Ferletti, «si dovrà pur pensare ai 14mila non dirigenti, totalmente dimenticati, e utilizzare questa riforma per dare soluzione alle questioni aperte che il contratto non può risolvere senza un sostegno normativo. Se il ddl rimane così, chiamiamola riforma della dirigenza. Ma meglio sarebbe prendersi del tempo per varare un testo unico in cui inserire tutte le norme sul personale Fvg».
A criticare infine l’Ufficio unico cui affidare procedure di assunzione, gestione del Ruolo dei dirigenti, assunzioni e istituti economici, formazione e procedimenti disciplinari, è l’Anci. «Di fatto siamo esautorati», tuona Pezzetta dopo aver ricordato di avere già lanciato l’allarme sul «pericolo di un accentramento regionale di tutti i processi gestionali riguardanti i dipendenti comunali». «Terremo nel debito conto le richieste dell’Anci» rassicura però Panontin, deciso a portare il ddl in aula entro giugno.
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