In Fvg sagre “ostaggio” della burocrazia tra Uti, transenne e planimetrie
TRIESTE «Più che il ministro Salvini, le sagre le salvano le persone», sottolinea uno dei 20mila volontari Pro loco che ogni anno organizzano 1.500 eventi sul territorio regionale. Cercando di dribblare la burocrazia ma trovandosi a ogni edizione ad aggiungere una carta in più, con conseguenti spese.
E non sempre l’impegno e la dedizione sono sufficienti. Le sagre ogni tanto saltano «per l’impossibilità di far fronte ai nuovi obblighi e sopportarne oneri e costi», ha ricordato in un’interrogazione in Consiglio regionale Tiziano Centis dei Cittadini, ripercorrendo le ultime tappe: la circolare Gabrielli 2017 e i suoi rigidi parametri di sicurezza conseguenti ai fatti di piazza San Carlo a Torino e la recente correzione del ministro dell’Interno, che fornisce specifiche linee guida per gli eventi come le feste in cui l’aspetto enogastronomico è prevalente. In sostanza, l’intervento di Salvini distingue concerti da decine di migliaia di appassionati da chioschi, pesca e tombola che di visitatori ne radunano non più di due-tremila. «Uno sforzo apprezzabile - rileva il Comitato regionale Fvg dell’Unione nazionale Pro loco -, il tentativo di superare le rigidità rilevate nel corso dell’ultimo anno nell’applicazione pratica di alcune direttive, ufficializzando pertanto la necessità di un approccio flessibile alla gestione del rischio».
Il “salva-sagre” di Salvini, fa sapere il prefetto di Trieste Annapaolo Porzio, è già stato esaminato anche in regione. «La differenza tra spettacoli grandi e piccoli è importante - spiega -, ma almeno in città non cambia molto perché siamo sempre stati prudenti nelle richieste fatte agli organizzatori, attenti a loro volta a un’impostazione sobria degli eventi».
Il problema a monte rimane tuttavia irrisolto. Il presidente del Comitato Pro Loco Valter Pezzarini sollecita un processo di unificazione delle direttive, alcune delle quali risalgono al 1931. L’auspicio, dichiara, è che si colga l’occasione dell’ultima circolare governativa «per arrivare a un testo unico di univoca interpretazione». A sentire infatti i volontari non ci sono mai regole uguali nel momento in cui, nella fase organizzativa, ci si trova davanti norme, funzionari, documenti che cambiano da sagra a sagra. Se quelle delle Pro loco resistono, «è perché noi ci mettiamo una pezza, magari all’ultimo minuto».
In era Uti succede per esempio che il presidente di un paese friulano che in precedenza aveva come punto di riferimento il Comune di riferimento si debba ora rivolgere a Udine, capofila dell’Unione. Con il corollario di spese, complicazioni e ritardi. Il Comune in cui si organizzano sagre sa poi di dover passare per i Suap, gli sportelli unici attività produttive. Due le strade: affidarsi al sistema della Regione gestito da Insiel o a quello della Camera di commercio nazionale. Stessa identica pratica, con la differenza che nel primo caso gli allegati da presentare sono 14, nel secondo 8: non proprio una vittoria dell’autonomia. E poi c’è da soddisfare le commissioni di pubblico spettacolo: possono pretendere non solo le transenne, ma pure le barriere jersey antiterrorismo.
Il totale degli adempimenti da depositare può arrivare a quota venti, ma le “carte”, tra allegati, dichiarazioni, relazioni tecniche, possono essere una cinquantina. E servono poi le firme degli ingegneri: dalla planimetria alle perizie sul montaggio palco e l’installazione luci. Tradotti: costi ineludibili. Con la recente aggiunta di un ulteriore documento da presentare per rispettare una legge Ue che impone pure alle Pro loco una corposa documentazione per l’accertamento sui contributi de minimis. Vietato superare il tetto oltre il quale si rientra negli aiuti di Stato. —
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