In Fvg il ritorno in classe per 142 mila allievi tra rebus cattedre e precari in attesa
TRIESTE Un governo che cambia. I soliti, tanti supplenti. La carenza di Ata, vale a dire amministrativi, tecnici e ausiliari di cui non si può fare a meno. I sindacati per nulla contenti e gli studenti che avrebbero preferito ancora qualche giorno di vacanza. Tutto come sempre, ma si comincia. La campanella del primo giorno di scuola suonerà giovedì 12 settembre per 142 mila alunni e 14 mila insegnanti in regione tra organico di diritti e di fatto, di cui 2 mila di sostegno e compresi i 1.200 senza posto fisso, tanti ne stimano le categorie.
Secondo quanto rende noto l’Ufficio scolastico regionale, gli alunni iscritti a scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado sono 142.716, di cui 23.755 a Trieste e 17.198 a Gorizia. Il maggiore contingente, 49.507 ragazzi, è quello delle superiori.
Saranno ancora loro, i precari, a garantire un avvio regolare dell’anno scolastico, sottolineano i sindacati. Non sono bastate le immissioni in ruolo autorizzate dal ministero dell’Istruzione in Friuli Venezia Giulia, oltre 1.300. Troppo pochi i posti disponibili dal concorsone e dalle graduatorie a esaurimento (prosciugate per quel riguarda matematica e materie tecnologiche). E c’è poi da tenere conto dei pensionamenti. Tra le 300 e le 400 persone, come da previsioni di inizio 2019, se ne vanno in quiescenza per avere maturato i requisiti della legge Fornero ma anche, in qualche caso, per avere approfittato di quota 100, la finestra aperta dal governo a guida Lega-Movimento 5 Stelle.
Dunque, come di consueto, si presenterà in aula un piccolo esercito di docenti a chiamata annuale. Non meno di 1.200 persone, assicura Adriano Zonta della Cgil Flc: «Ci aspettavamo il concorso straordinario ma, anche a causa della caduta del governo, le tempistiche non sembrano essere troppo favorevoli. Speriamo che la questione si possa risolvere almeno per il prossimo anno». Il riferimento è alla mancata pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge salva-precari che l’esecutivo gialloverde aveva approvato il 6 agosto, un provvedimento fortemente voluti dai sindacati della scuola che avevano concordato con il governo una serie di misure di stabilizzazione del rapporto di lavoro per decine di migliaia di docenti con contratto a tempo determinato. Il decreto disponeva l’avvio di un percorso abilitante speciale per professori con tre annualità di servizio svolte negli ultimi otto anni e un concorso a cattedra a favore di insegnanti con tre annualità di servizio negli ultimi otto anni svolti nella scuola statale, di cui almeno uno nella classe di concorso specifica. Previsto anche il salvataggio di circa sei mila insegnanti ex-Gae con diploma magistrale la cui immissione in ruolo con riserva era stata annullata dal Consiglio di Stato. Per loro il contratto si sarebbe dovuto trasformare a tempo determinato, mentre, senza decreto, la prospettiva è quella del licenziamento.
Mario Pittoni, presidente leghista della commissione Istruzione del Senato, si è subito mosso per sollecitare il neo ministro grillino Lorenzo Fioramonti a un «impegno preciso sui precari della scuola». Una prima risposta è arrivata. «Sto rimettendo mano al decreto - parole del ministro - per fare in modo che vengano rispettate sia le rivendicazioni di precari e sindacati sia le garanzie di trasparenza e di merito nel percorso di selezione, in modo da entrare nei prossimi mesi in una approvazione definitiva e preparare i concorsi per il 2020». Un’attesa che in ogni caso si allunga. Secondo Zonta conseguenza «di un sistema di reclutamento che non si basa sulle necessità della scuola, ma sul trend politico del momento. I docenti continuano a essere considerati solo come merce da consenso. Senza un progetto e una riforma seria che parta dalla formazione del personale non ne usciamo». «Se oggi la scuola funziona ancora bene in Fvg è per la capacità dei supplenti di integrarsi e dare sostanza all’azione didattica, ma è la stabilizzazione il requisito per un’istruzione di qualità», aggiunta Donato Lamorte della Cisl Scuola. Una preoccupazione che è anche di Ugo Previti della Uil: «Al ministro chiediamo di fare presto, visto che il Parlamento ha 60 giorni per modificare il decreto. Se la casa brucia chiami i pompieri per spegnere l'incendio, non l'architetto per ristrutturarla». —
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