In Fvg calano del 35% le coppie che chiedono di adottare un bimbo
TRIESTE Sono sempre meno le coppie che in Fvg avanzano richiesta di adozione di bambini residenti in regione o all’estero. A dirlo sono i dati della Regione Fvg e della Commissione per le adozioni internazionali. I numeri spiegano che dal 2012 al 2016 a Trieste le domande per bambini residenti in loco sono diminuite quasi del 50%: sono passate da 28 a 15. I numeri dei bimbi adottati rimangono invece abbastanza stabili: 18 nel 2012, 16 nel 2013, 13 nel 2014, 14 nel 2015 e 15 nel 2016. A livello regionale in percentuale il calo è leggermente inferiore. Si parla di quasi il 35% in meno di proposte avanzate dalle famiglie. Nel 2012 erano state 143 ad avviare un percorso adottivo, 94 invece nel 2016 a fronte invece di 59 bambini adottati nel 2012, 71 nel 2013, 50 nel 2014, 52 nel 2015 e 66 nel 2016.
«La disponibilità di bambini sul territorio è comunque limitata – spiega Sara Saksida, presidente della sezione di Trieste dell’Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie –. Questi bambini, che hanno in media già 12 anni, provengono da famiglie che si trovano in stato di criticità e i Tribunali per i minorenni, prima di rilasciare l’ok per l’adozione, cercano di vagliare tutte le altre possibilità all’interno della famiglia stessa. In ogni caso la coppia può depositare il Decreto d’idoneità ottenuto in tutti i Tribunali d’Italia in modo da avere più possibilità».
Il trend negativo è lo stesso se si guardano le adozioni internazionali. Il Friuli Venezia Giulia è tra le regioni che spingono di meno per un’adozione, nonostante comunque si noti un calo in tutto il Paese. Le coppie che hanno richiesto l’autorizzazione all’ingresso in regione di minori stranieri erano 43 nel 2016, 33 nel 2017 e 29 nel 2018. Nel primo semestre del 2019 sono state 8 a differenza ad esempio di Veneto, Lombardia, Campania e Piemonte, dove invece si sono registrate 53, 58, 48 e 30 richieste. Secondo Saksida sono diversi i motivi per cui a livello locale ma anche nazionale si riscontra questo calo: «È stata soprattutto la crisi che c’è stata negli ultimi 10 anni a incidere, mettendo in difficoltà le famiglie. Ma anche la situazione politica ha influito». Spiega: «Avviare un’adozione internazionale ha un costo importante, perché il bambino ha esigenze sanitarie di un certo tipo. Ma anche affermazioni e spinte di tipo politico che hanno creato quel malessere generale “di essere invasi” hanno inciso, provocando una sensazione di titubanza».
Pure a livello nazionale le adozioni internazionali, di cui si occupa la Commissione per le adozioni internazionali, sono in flessione, tanto che 49 enti autorizzati a questo scopo in Italia, sui 51 totali, si sono riuniti di recente in un’assemblea a Roma, per chiedere il rilancio del settore, colpito da una crisi drammatica negli ultimi otto anni, provocata, si legge in una nota stampa, «anche dalla continua distrazione dei Governi che si sono susseguiti alla guida del Paese». Dopo un primo decennio, dal 2000 al 2010, all’insegna di una forte crescita, con il raggiungimento del tetto delle 4.300 adozioni annuali, i nove anni successivi in tutto il Paese hanno infatti fatto segnare un vertiginoso calo fino a toccare le attuali mille adozioni scarse all’anno. Per questo, sempre dagli enti riuniti, è stata inoltre istituita una “cabina di regia”, denominata “Adozione 3.0”, perché il terzo decennio dell’adozione internazionale possa essere quello del rilancio.
Intanto a livello regionale ad aiutare le famiglie nell’iter adottivo c’è un protocollo per l’adozione internazionale, che è stato siglato nel 2011 e revisionato nel 2018 con una durata quinquennale. Sono state inoltre definite le Linee guida per l’adozione nazionale e internazionale in Friuli Venezia Giulia ed è attivo un Tavolo di coordinamento regionale i cui componenti si incontrano almeno trimestralmente con compiti di studio e ricerca sulle tematiche adottive. —
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