In Friuli Venezia Giulia la temperatura è aumentata di quasi 2.5° dagli anni 60: le variazioni comune per comune
Lo rivela uno studio realizzato dall’European Data Journalism Network: in Regione la temperatura è cresciuta di più della media nazionale. Udine e Pordenone le province più colpite

Mentre l’ondata di Covid-19 distrae in molti dall’emergenza riscaldamento globale, un nuovo studio testimonia che la colonnina di mercurio si è alzata negli ultimi 50 anni a ritmi impressionanti, anche in Friuli Venezia Giulia. In particolare dal 1960 le temperature sono aumentate in regione di ben 2.4°, con punte ancora più significative nelle province di Udine e Pordenone.
Lo ricerca,realizzata dall’European Data Journalism Network, ha tracciato l’evoluzione della temperature in tutti i comuni italiani mettendo in relazione il decennio compreso tra 1960 e 1969 e quello tra 2009 e 2018. In questo intervallo il termometro nelle province italiane è aumentato di + 2.15° dal 1960, mentre ci sono comuni in cui la temperatura è aumentata addirittura di oltre 4°.In Fvg l’aumento della temperatura è stato quindi leggermente superiore a quello della media nazionale.
E sono in particolare i comuni del pordenonese e dell’udinese a patire maggiormente il rialzo delle temperature, come ben evidenziato dalla mappa sopra. Una variabile probabilmente dipendente dall’eccessiva cementificazione e dalle dinamiche innescate, come ricordato dal vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini: «Si chiama, tecnicamente, effetto ‘isola di calore’ ed è legato essenzialmente a tre fattori. Il primo è l’impermeabilizzazione dei suoli: la cementificazione di strade e palazzi non permette più la traspirazione del suolo. Il secondo è che il cemento assorbe calore. La terza è che in città ci sono auto e soprattutto condizionatori che d’estate buttano aria calda, contribuendo in maniera determinante al surriscaldamento. La somma di questi tre fattori può portare a differenze di temperature anche di 3 o 4 gradi centigradi all’interno della stessa città. È una dinamica che ha anche enormi ripercussioni sociali: se si incrocia il dato climatico con quello socio-economico sulle aree più povere, si ottiene un quadro esatto delle zone dove in estate si riscontrano i tassi di maggiori mortalità, specialmente tra la popolazione anziana. Anche se non se ne parla spesso c’è un aumento della mortalità impressionante legati all’aumento delle ondate di calore».
Ed è Campoformido, comune udinese di poco più di 7mila abitanti, teatro della storica firma del Trattato di Campoformio a detenere il primato dell’aumento di temperatura: qui la colonnina di mercurio si è alzata dal 1960 di ben 3.57°, una cifra abbastanza vertiginosa in termini climatici. La provincia invece più bollente della Regione è quella di Pordenone: qui in media la temperature sono aumentate di 2.57° contro i 2.29° della provincia di Trieste, refrigerata anche dalle correnti adriatiche.
Quel che è certo è che non parliamo più di eventi occasionali o di cose destinate a verificarsi in un futuro prossimo; siamo già dentro un processo di cambiamento abbastanza consolidato: «Aumento delle temperature vuol dire anche più eventi metereologici estremi e cambio del volume e della modalità delle precipitazioni. Si pensi a quante volte si fermano i mezzi pubblici a causa di alluvioni o forti temporali anche in estate» precisa Zanchini.
«C’è poi l’enorme problema della siccità. Fa più caldo, piove meno e quando succede ci troviamo spesso di fronte a fenomeni di intensità più elevata se non a vere e proprie alluvioni: è uno degli effetti più rilevanti del cambiamento climatico che stiamo già pagando. Anche in questo caso prenderne atto e agire è ormai agire nel presente, siamo già dentro un processo di cambiamento consolidato».
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