In fila per guidare i treni «È il lavoro dei miei sogni»

Teatro Basaglia pieno per l’illustrazione delle selezioni per i posti da macchinista Ma molti aspiranti se ne vanno dopo aver scoperto quanto si deve studiare
Non è solo una descrizione della loro possibile futura professione, ma anche quella del percorso arduo che conduce ad essa: pieno di stazioni e di bivi, con la necessità di stare attenti a non finire in binari morti o a non uscirne proprio, per arrivare infine all’agognata meta del capolinea. Dei 400 aspiranti macchinisti che hanno partecipato ieri ai seminari di presentazione del corso di formazione tra Trieste e Tarvisio, solo una ventina o poco più di loro potranno diventare effettivamente dei conduttori di mezzi ferroviari della Inrail.


Nel capoluogo erano così tanti che si è dovuto optare, dopo aver ipotizzato di ospitare i partecipanti nella sede del Centro per l’impiego, per il teatro Basaglia, all’interno del parco di San Giovanni. L’assessore regionale al Lavoro e alla Formazione Loredana Panariti ha così aperto l’incontro: «In molte regioni italiane la ricerca di un’occupazione passa spesso attraverso canali informali. In Friuli Venezia Giulia, al contrario, in questa legislatura abbiamo ricentralizzato le funzioni del lavoro e dunque l’Agenzia regionale ha un importante ruolo al servizio del territorio perché sa mettere in relazione le aziende che il lavoro lo offrono e le persone che lo cercano».


All’inizio, la sala ospita circa 280 partecipanti. Poi, le prime parole dal palco dei rappresentanti di Inrail: «È un lavoro difficile e pieno di responsabilità, in cui ogni giorno ci possono essere degli imprevisti e dei cambiamenti degli orari, quindi non è per chi è abituato ad avere routine precise».


Già qualcuno inizia ad alzarsi e ad uscire. Poi viene spiegato che il corso consisterà in 820 ore di teoria, cioè sei al giorno, e quindi richiederà una grande propensione allo studio. Altro giro di sedili che tornano alla loro posizione originaria, vuota. Infine, si alzano molte mani dei presenti per capire se si rientra nei criteri, e qui le risposte sono precise: bisogna lasciare qualsiasi altro lavoro per partecipare alla selezione e al corso, risultare domiciliati in regione ed avere un’età preferibilmente compresa tra i 25 e i 35 anni, con la certificazione di non avere problematiche mediche, ed infine possedere come minimo un diploma di maturità.


Progressivamente, assieme alle mani, si alzano anche le gambe e la sala risulta piena a metà rispetto all’inizio. La prima selezione è già avvenuta. Tra i superstiti, c’è Giuseppe di 24 anni, un appassionato da sempre di meccanica e macchinari, che ha studiato proprio per diventare un perito meccanico: «È una figura professionale molto interessante quella del macchinista, sottovalutata ma di grande responsabilità».


Se Giuseppe ha il «difetto» di portare degli occhiali, quindi probabilmente di non avere una vista perfetta, Davide Zuffi coi suoi 43 anni è invece oltre l’arco “preferibile” d’età tracciato da Inrail. Ma questo significa allo stesso tempo più esperienza: «Ho un patentino per i locomotori diesel e mi piacerebbe tornare a questo lavoro anche per i ricordi di quando guidavo le locomotive. Le selezioni sono pesantissime, ma si spera comunque». Da fuori regione giunge poi Simone de Rosa, da Padova, dunque la prospettiva è un possibile cambio di domicilio. Vorrebbe far diventare realtà il suo «sogno», fin da quando era piccolo, «di guidare i treni», così come Alessio Falconieri e Luca Ricconi, rispettivamente da Fermo e Viterbo, i quali pensano in tutti i modi a come «risolvere il problema del domicilio regionale» per quella che definiscono «un’opportunità importantissima». Poi, rimanendo nell’anonimato, c’è anche la madre di un ragazzo che studia ingegneria a Pisa ma che mollerebbe tutto per questa occasione, poiché è una questione di Dna, insito in una famiglia di ferrovieri, da generazioni, che abita peraltro su una linea ferroviaria. Così come vogliono giustamente rimanere anonimi due giovani dall’Emilia e dalla Calabria, che lavorano già per un’altra azienda e vorrebbero ottenere questo ambito posto, già abituati alle difficoltà del mestiere. Della ventina di ragazze presenti, Francesca, di 21 anni, pensa che non si tratti di un impiego per soli uomini anche se «le persone che aspirano a questo lavoro sono appassionate di meccanica e trasporti, quindi non sono ancora tante le donne interessate. Ma è davvero una bella prospettiva di vita».


Tra chi dovrà poi operare la difficile selezione dei tanti aspiranti macchinisti ci saranno Giovanna Guarnaccia e Alessandro Vignaduzzo, che così spiegano il motivo della difficoltà ad ottenere il posto: «Ferrovie uguale sicurezza. Sono ruoli in cui la responsabilità è molto alta e quindi i requisiti richiesti da parte dell’agenzia sono molto stringenti». Spiegano che «si punta a giovani motivati per compiere un lungo percorso di crescita». «Saremo strani per i nostri tempi – la loro chiosa – ma noi vogliamo intraprendere un percorso lungo di collaborazione e non ci interessano rapporti di lavoro a termine».


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