In centomila per Zar Putin a Belgrado

Accoglienza da rockstar davanti alla cattedrale ortodossa di San Sava in un tripudio di bandiere russe e serbe

BELGRADO Ogni Paese ha tante facce. E la Serbia non fa eccezione. Una è quella delle migliaia di “indignados” che da settimane scendono in piazza in manifestazioni anti-governative e contro il presidente Aleksandar Vucic, accusato di essere un autocrate. Ma ce n’è un’altra, contrapposta e dissonante. È quella dei tanti che hanno nel presidente russo Vladimir Putin – e in Vucic – i loro idoli. Ed è stata la seconda Serbia a dominare la scena ieri, in occasione della visita a Belgrado del leader del Cremlino, accolto in città da eroe, tra mega-poster per il «caro amico» e sventolio di bandiere russe. E soprattutto da un bagno di folla enorme, scenario inedito per la capitale di un Paese che ha fra le sue priorità l’ingresso nella Ue. Belgrado però non rinnega gli storici legami con l’amica Mosca, li esalta. E lo ha dimostrato con le decine di migliaia di persone affluite nel cuore della metropoli, tra cui tanti sinceri filorussi, moltissima gente dalla provincia profonda – arrivata anche con autobus messi a disposizione dal Partito progressista di Vucic, hanno segnalato vari media locali - per poi marciare verso la cattedrale di San Sava, dov’erano attesi Putin, Vucic e il patriarca Irinej. Alla fine, secondo stime della polizia, in piazza erano 120mila. Tra di loro, la belgradese Marija Ilic.



«Sono qui perché la Russia difende gli interessi serbi contro le mosse aggressive e secessionistiche» del Kosovo, racconta, riassumendo una delle ragioni principali che rendono filorussi tanti serbi. Le fa eco l’anziano Djuro, originario della Krajina, che assicura che «noi non possiamo essere amici di chi ci ha bombardato, Usa e Nato, ma di Putin sì». Ma ci sono anche coloro che ammettono di essere scesi in strada «per entrambi». «Vucic l’ho votato e lo sostengo ancora», confida una donna, originaria di Zrenjanin. C’è però anche chi ha visto nel meeting pro-Putin una «glorificazione del regime autoritario» di Mosca, hanno denunciato varie Ong. E tanti critici del governo hanno sollevato sospetti sulla “volontarietà” della partecipazione al raduno, suggerendo l’ipotesi di una sorta di contro-manifestazione organizzata con il duplice strumento della persuasione e dell’imposizione. Obiettivo, dimostrare che Mosca rimane fondamentale per Belgrado. E che Vucic gode ancora di un fortissimo sostegno, malgrado le proteste. «Neppure un bambino crederebbe che qualche Ong» - come l’oscuro Centro per lo sviluppo di Belgrado, ufficialmente organizzatore del raduno di ieri - «abbia i mezzi per portare così tanti bus in città», ha suggerito alla Tv N1 l’intellettuale Srbijanka Turajlic, un’opinione rigettata dall’esecutivo.

Concorda il politologo Dejan Vuk Stankovic. «Penso sia solo una manifestazione per Putin» e per celebrare «le relazioni tra Serbia e Russia», storicamente Paesi affini. Anche se negli ultimi 15 anni a pompare 3,6 miliardi euro in Serbia è stata l’Ue, non Mosca. Ma i soldi non sono bastati a “comprare” i favori di molti e Belgrado rimane l’ultimo baluardo fedele al Cremlino nei Balcani. Visita che è importante anche per Vucic, osserva il politologo Florian Bieber. Che potrà «giocare la carta filorussa in patria e avere un argomento credibile» con Bruxelles. E cioè «che sta mediando tra Russia e Ue», un bilanciamento tra Est e Ovest importante per Belgrado. Soprattutto sulla questione Kosovo. —


 

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