In carcere la banda dei datteri di mare
La Corte suprema croata conferma le pene detentive. I sei condannati dovranno risarcire lo Stato con 357 mila euro
FIUME. È stato un chiaro e duro segnale all'indirizzo di chi raccoglie e vende datteri di mare, mollusco tutelato in Croazia da leggi molto rigorose e che prevedono anche il carcere. La Corte suprema croata ha dato ragione al Tribunale regionale di Fiume che nel dicembre 2016 aveva condannato a pene detentive un gruppo di sei persone residenti in Istria, ritenute colpevoli di pesca e vendita di datteri di mare, conosciuti anche con il nome di "datoli".
I sei erano ricorsi in appello ma la Corte suprema ha confermato i verdetti, i più severi in Croazia da quando il dattero di mare, ormai un quarto di secolo fa, è stato inserito nella lista delle specie protette. Per avere raccolto nell'estate 2015 almeno 539 chili del proibitissimo mollusco bivalve, pesca avvenuta nelle acque dei dintorni di Pola e nel Canale di Leme, Cedomil Božic, 64 anni di Umago, è stato condannato a 4 anni e mezzo di reclusione, con identica sentenza per Dražen Čurčević, 45 anni di Pola. Jordan Ambrožić, 49 anni di Sissano, è stato condannato a 3 anni, mentre 2 anni sono toccati al 70enne Milorad Marinković di Valbandon. Per il 53enne Serčo Ivinić di Valbandon e Branislav Mihajlik di Pola è stata confermata la condanna a un anno di carcere, con la condizionale di 4 anni. L'atto d'accusa era stato sollevato inizialmente contro altre tre persone che però hanno patteggiato la pena, ammettendo tutti gli addebiti. La 57enne Ksenija Makovac di Umago, Mirko Kresić, 54 anni di Buie e Veselin Anastasijevski, 48 anni di Umago, si sono visti infliggere 12 mesi di carcere, pena trasformata in lavori socialmente utili, sempre della durata di un anno. Durante il processo erano stati ascoltati in qualità di testi.
Non è tutto. Oltre alla reclusione, i sei istriani dovranno rimborsare allo Stato croato i danni causati all'ambiente e quelli relativi alla vendita: sono 2,7 milioni di kune, pari a circa 357 mila euro. La somma deriva dal computo stabilito dalla legge in materia, secondo cui per ogni chilogrammo di dattero raccolto e messo in commercio si pagano 5mila kune, pari a 660 euro.
La polizia istriana e l'Uskok hanno ricostruito quanto avvenuto tra giugno e settembre di due anni fa: Božić doveva organizzare il trasporto e la vendita dei datteri in Slovenia, per la precisione a Capodistria e Portorose, dove venivano acquistati a 30 euro al chilo. Čurčević era invece incaricato di organizzare la pesca proibita e aveva in Ambrožić il proprio braccio destro. Questi aveva ingaggiato tre persone, Marinković, Ivinić e Mihajlik, che agivano come detto nel Canale di Leme, nelle vicinanze di Rovigno, e lungo le coste del Polese. Quanto agli affari in Slovenia, Božic operava da solo o con Makovac, a Krešić e Anastasijevski. L'unico aspetto positivo per i sei condannati è che non dovranno versare al bilancio statale – a differenza del verdetto emanato dal tribunale fiumano – i 14.400 euro di profitti realizzati con la vendita abusiva.
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