In Bosnia l'inquietante giallo dei paramilitari sostenuti da Mosca
Nella Republika Srpska (Rs), l’entità politica dei serbi di Bosnia, sarebbe attivo un gruppo formato da ultranazionalisti indigeni e serbi, “Srbska cast” (Onore serbo). Il gruppo starebbe reclutando nuovi membri, anche nel milieu criminale dei Balcani, per formare una vera e propria unità paramilitare.
BELGRADO. Accuse, conferme, smentite. Sono gli elementi di una oscura storia che riguarda la Republika Srpska (Rs), l’entità politica dei serbi di Bosnia, dove sarebbe attivo un gruppo formato da ultranazionalisti indigeni e serbi, “Srbska cast” (Onore serbo). Il gruppo starebbe reclutando nuovi membri, anche nel milieu criminale dei Balcani, per formare una vera e propria unità paramilitare, vista con favore da Mosca e a disposizione della leadership politica serbo-bosniaca.
A lanciare il sasso nello stagno è stato il portale bosniaco “Zurnal” - poi ripreso da autorevoli media stranieri come il Guardian - in un articolo intitolato “Con l’aiuto delle forze speciali russe e serbe” Milorad Dodik, il leader nazionalista serbo-bosniaco, “forma unità paramilitari”. L’articolo suggerisce che membri di Srbska cast avrebbero ricevuto addestramento nel controverso “Centro umanitario” russo-serbo di Nis, in Serbia, sulla carta un’iniziativa di Mosca per facilitare interventi di assistenza in situazioni di emergenza, ma sospettato – ad esempio da Washington – di essere usato anche per fini di spionaggio. Srbska cast, ha sostenuto il Zurnal citando documenti dei servizi di sicurezza bosniaci, avrebbe perfino partecipato a un meeting al Parlamento della Rs, a Banja Luka, incentrato sull’istituzione di un gruppo paramilitare nella Rs di cui servirsi «in eventuali interventi se l’opposizione» dovesse «ostacolare il lavoro del governo». La presenza di uomini di Srbska cast nel Parlamento di Banja Luka e durante le grandi cerimonie per la Giornata nazionale della Rs, dichiarata illegale dalla Consulta di Sarajevo, è avvalorata anche da varie foto, postate sia sul web sia sulla pagina Facebook ufficiale di Srbska cast. Pagina - dove i nazionalisti si definiscono semplicemente «patrioti» - ricca di immagini di uomini in uniforme, a volte armati, ma illustrata anche da azioni “umanitarie”, come donazioni di sangue e distribuzione di regali a bambini.
Autorevoli testimonianze sulla veridicità dei fatti – a 16 mesi dal presunto e fallito golpe a spinta russa in Montenegro e in un anno caldissimo per la Bosnia, quello delle elezioni – sono arrivate dal ministro della Sicurezza bosniaco, Dragan Mektić. Mektić ha dichiarato al portale Klix di essere da tempo a conoscenza della questione: «Abbiamo raccolto abbastanza informazioni» sul caso Srbska cast, ha aggiunto annunciando che un rapporto sarà presto consegnato alla Procura nazionale. Turbato, via Twitter, si è detto poi il giovane ma molto ascoltato politologo Jasmin Mujanovic, svelando che “rumor” sui paramilitari circolavano da mesi nel Paese. E ora «le nostre paure più grandi sono state rafforzate», con Dodik che starebbe di fatto lavorando a una «guardia pretoriana in diretta violazione di Dayton». «Momento spartiacque», parte di un «più ampio mutamento dell’ordine internazionale» e in Bosnia, pianificato da Mosca, è stato il commento al Guardian dell’ex ministro bosniaco Bajrović.
Ma ci sono anche smentite - forti - alla denuncia. La più rilevante è arrivata dallo stesso Dodik, che ha parlato di allusioni «pericolose» smentendo che vi siano paramilitari nella Rs. L’ambasciata russa a Sarajevo ha bollato invece come «panzane» e «invenzioni senza fondamento» le notizie diffuse dal portale. Anche Nenad Stevandić, vicepresidente del Parlamento serbo-bosniaco, accusato dal Zurnal di aver introdotto Srbska Cast nell’Assemblea, ha negato tutto, ribadendo che Banja Luka non ha bisogno di paramilitari.
Dove sta la verità? Per ora è certo che la storia sta facendo discutere l’intera Bosnia e pure la Serbia. La speranza di molti è che tutto si riveli una boutade, come accaduto a dicembre, quando i media di Banja Luka avevano accusato il leader bosgnacco, Bakir Izetbegović, di lavorare sottobanco per creare illegalmente una unità paramilitare. Alla fine, quei “paramilitari” si rivelarono essere giocatori di softair. Ma anche in quel caso l'effetto destabilizzante, su un Paese diviso, ci fu. (st.g.)
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