In Austria il suicidio assistito non sarà più considerato reato
VIENNA Dopo la Svizzera, i Paesi del Benelux e più recentemente la Germania, anche in Austria non sarà più reato aiutare qualcuno a morire, qualcuno che in piena autonomia e coscienza desideri porre fine alla propria esistenza e chieda ad altri di aiutarlo a compiere il tragico passo. La Corte costituzionale austriaca, infatti, nella stessa udienza in cui aveva abolito il divieto di velo islamico nelle scuole, si è espressa anche sul cosiddetto “suicidio assistito”.
Il Codice penale lo contempla all'articolo 78 (Concorso al suicidio) e prevede per chi se ne renda responsabile una reclusione da 6 mesi a 5 anni. La Corte costituzionale ha stabilito l'illegittimità di tale norma, in quanto in contrasto con il diritto di ciascuno, costituzionalmente tutelato, all'autonomia decisionale. Quindi il diritto alla decisione autonoma di togliersi la vita e anche a quella di farlo chiedendo a un medico o a una persona di sua fiducia di assisterlo.
La sentenza della Corte non dà il via libera a ogni forma di cooperazione al suicidio, come ha precisato il presidente Christoph Grabenwarter. Il reato di «uccisione su richiesta», contemplato all'articolo 77, resta in vigore e così pure quello di «istigazione al suicidio», contemplato nell'articolo 78 (lo stesso citato prima, che sanziona anche il «concorso in suicidio»). La nuova sentenza si limita a segnalare l'illegittimità di una parte dell'articolo 78, dando mandato al governo e al Parlamento di legiferare, per definire i confini esatti del suicidio assistito.
I giudici della Corte, evidentemente, nel rilevare il diritto dei singoli di decidere della propria vita, ha voluto evitare che il proprio pronunciamento desse adito a interpretazioni estensive e distorte, che potrebbero arrivare all'eutanasia e alla soppressione di persone in stato confusionale, non pienamente consapevoli della propria scelta o addirittura indotte al suicidio da pressioni esterne.
Il Parlamento austriaco avrà tutto il 2021 a disposizione per riformulare l'articolo 78. La Corte, infatti, ha stabilito che la parte della norma che sanziona «chi presta aiuto» decadrà con decorrenza dal 1. gennaio 2022. L'intervento della Corte costituzionale in questa materia era avvenuto su ricorso di quattro persone, tra cui due malati gravi e un medico. L'istruzione del caso aveva avuto inizio in luglio e in settembre i giudici ne avevano discusso in udienza pubblica. Infine la sentenza di venerdì, che apre le porte al suicidio assistito anche in Austria, in forme analoghe a quelle già praticate in Svizzera, di cui avevamo sentito molto parlare in occasione della morte del dj Fabo e del coinvolgimento di Mario Cappato, che poi si era autodenunciato, per costringere la magistratura italiana a occuparsi del caso.
La sentenza della Corte è stata accolta con soddisfazione dal legale dei ricorrenti, Wolfram Proksch, che ha dichiarato: «Un medico, che prescriva un farmaco letale a un paziente per volontà di questi, non sarà più punibile penalmente». Diversa la reazione dell'arcivescovo di Salisburgo Franz Lackner, presidente della Conferenza episcopale austriaca, che si è detto scosso e sconcertato. L'Austria è uno Stato di diritto – ha commentato – e la decisione della sua Corte suprema va rispettata, «ma la Chiesa non può condividere una tale decisione». Anche per il vescovo evangelico Michael Chalupka la sentenza va rispettata, ma «in drammatiche situazioni eccezionali si dovrebbe discutere sulla misericordia e sulla non punibilità». —
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