In arrivo una raffica di ricorsi: «Andremo fino in Cassazione»

Alcuni momenti della giornata di ieri in tribunale (foto Francesco Bruni)
Alcuni momenti della giornata di ieri in tribunale (foto Francesco Bruni)



TRIESTE Una stangata. Perché le condanne sono pesanti e arrivano dopo un’assoluzione “piena” in primo grado. Le sette condanne per le spese pazze in Consiglio regionale, tra il 2010 e il 2012, scuotono la politica regionale. Quasi nessuno ha voglia di commentare, parlano gli avvocati che si preparano al ricorso in Cassazione. I verdetti più pesanti arrivano per gli ex capigruppo del Pdl, Daniele Galasso, e del Pd, Gianfranco Moretton, che hanno affidato le rispettive difese a Luca Ponti. «Sulla sentenza per Galasso pesa il concorso con tutti i consiglieri condannati, ma sono convinto – spiega Ponti – che non ci sia lo spazio per ipotizzare il concorso e andremo fino in Cassazione per dimostrarlo. Non c’è una responsabilità del capogruppo sui fatti compiuti da singoli consiglieri che per altro hanno giustificato le proprie spese. Galasso inoltre ha ottenuto l’assoluzione per tutti gli episodi personali, tranne per un acquisto di vino da 150 euro, e quindi a maggior ragione non si può sostenere il concorso».



Una sentenza rovesciata dal primo al secondo grado, passando dalla vaghezza delle leggi ai dettagli. «Evidentemente – prosegue Ponti – sono stati considerati pubblici ufficiali e come tali tenuti a conoscere le norme con precisione. E poi la legge in secondo grado non è stata considerata così vaga. I conti comunque si fanno alla fine. Leggeremo le motivazioni e capiremo anche le differenze compiute dal giudice tra una spesa e l’altra», aggiunge il legale.



Che per Moretton, invece, ha un’altra difesa, perché l’ex leader del Pd è stato condannato per le spese alle quali non è stato possibile dare alcun nome e cognome. «Il principio è che il capogruppo non può rispondere a livello penale per spese soltanto perché gli autori sono ignoti», replica Ponti. Non nasconde l’amarezza Moretton. «Dopo due assoluzioni (quella in primo grado e della Corte dei conti) e una condanna, mi corre l’obbligo di andare in Cassazione e ci andrò», dice.

In quattro, invece, tirano un sospiro di sollievo, assolti perché il fatto non costituisce reato: Massimo Blasoni, Sandro Della Mea, Alessandro Tesini ed Everest Bertoli.

«Esprimo grande soddisfazione per l’esito positivo – commenta Fausto Discepolo, codifensore con Ponti di Blasoni – che ha confermato quanto già accertato in primo grado». Sorride Carlotta Campeis che difende Tesini. «La sua posizione per entità dell’importo (216 euro) ha avuto la soluzione più ragionevole, anche perché al di sotto dell’offensività del fatto. –




 

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