Imu non pagata, multate trenta imprese portuali a Trieste
TRIESTE Raffica di multe in porto per il mancato pagamento dell’Imu. Il Reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Trieste nel corso del 2019 ha sanzionato una trentina di società che non risultavano in regola con l’imposta, dovuta per legge dalle imprese che possiedono immobili all’interno di aree demaniali date in concessione. Le multe si aggirano in media tra i 1.500 e i 2.000 euro ad azienda, per un totale di 60 mila euro.
La Finanza, in particolare, ha passato al setaccio il biennio 2018-2019. L’importo dell’Imu non versato raggiunge complessivamente circa 1 milione e 300 mila euro: una somma, questa, riferita però a tutto l’ultimo quinquennio. Ciò perché da adesso in poi le imprese pizzicate dalla Finanza diventano realtà “note” al Comune e, di conseguenza, “soggetti passivi di Imu”. Pertanto scatterà un’operazione di recupero pure per le imposte dovute nelle annualità passate, fino ai cinque anni antecedenti (il resto è prescritto). Il contenzioso investirà quindi il municipio.
La questione Imu, che vede contrapposte le aziende e il Comune, non è di certo nuova: è un problema annoso, finito anche in Cassazione, che si trascina almeno dal 2007.
Dall’ispezione delle Fiamme gialle è emerso che i responsabili delle singole società avevano omesso di denunciare la variazione catastale degli immobili in cui svolgono la propria attività. Avevano quindi mantenuto il censimento dei beni dati in concessione nella categoria “E/1”. Una categoria, questa, esente dal pagamento dell’Imu perché raccoglie le tipologie di strutture di interesse portuale pubblico.
In base alla legge nazionale in materia, le aree demaniali che non sono destinate al traffico marittimo (o alle operazioni strettamente portuali), ma che vengono impiegate per altre attività commerciali produttrici reddito, devono rientrare in un’altra categoria. Solo così possono essere assoggettate al versamento dell’imposta a seconda della rendita catastale e della superficie occupata. La norma è in vigore dal 2006.
In porto, precisa la Guardia di finanza, la maggior parte delle realtà imprenditoriali è comunque «virtuosa» perché ha aggiornato autonomamente la propria posizione attraverso un’apposita dichiarazione Imu per l’accatastamento nella categoria prevista.
«Non entriamo nel merito dei controlli fino a quando non avremo letto la documentazione», rileva Stefano Visintin, presidente dell’Associazione degli Spedizionieri del porto di Trieste. «Tuttavia a nostro giudizio la parte di territorio identificata come porto franco internazionale è soggetta alla norma del Trattato di Pace di Parigi secondo cui le merci che transitano attraverso il porto franco non devono essere gravate da imposte o tasse che non siano collegate ad un servizio prestato. Il Comune di Trieste non presta alcun servizio all’interno del porto e quindi l’Imu non è dovuta. Purtroppo – conclude – questo principio non trova applicazione. La soluzione dev’essere politica. Auspichiamo che la Regione Fvg, alla quale è passata dal primo gennaio la competenza sull’Imu, adotti provvedimenti». —
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