Imu “dolce” per gli sloveni Aiuti europei alle porte
TRIESTE. Due settimane, mancano solo 15 giorni alla scadenza del tempo supplementare che la Commissione europea ha concesso alla Slovenia per mettere a posto i suoi conti. Se il prossimo giudizio europeo dovesse essere negativo le conseguenze per Lubiana sarebbero due, entrambe catastrofiche: la chiusura dei mercati finanziari e la richiesta di aiuti all’Ue. Per questo nella capitale ferve un fitto lavorio politico che in verità sembra in grado di partorire solo un topolino.
Nella prossima Finanziaria, che deve raggiungere il fine di rientrare in un rapporto deficit-Pil sotto il 3% (Maastricht), ci sarà l’introduzione dell’Imu, l’abolizione degli aumenti previsti per i pensionati, la diminuzione dei redditi sociali e un settore pubblico molto più “magro”. Altre tasse non sono prevedibili anche perché il governo ha già tassato il tassabile. Ebbene su tutti questi “argomenti” la coalizione che regge il governo Bratušek è fortemente divisa. I sindacati non vogliono che i contadini paghino l’Imu sui terreni agricoli, Il Partito dei pensionati è ovviamente contro i tagli alle pensioni, la Lista nazionale non vuole nuove tasse e i socialdemocratici tutelano lo Stato sociale.
Insomma un nodo gordiano per la premier. Fin da ora, poi, è chiaro che il processo di risanamento del sistema creditizio del Paese sta procedendo troppo lentamente. La “pulizia” è iniziata con al messa in liquidazione della Probanka e della Factor Banka ma su tutto pesa l’incognita di quale sarà il risultato degli stress-test che sono in corso di svolgimento a carica degli altri istituti di credito sloveni. Anche la privatizzazione langue. Finora è stata resa nota solo la lista delle aziende statali o a partecipazione statale che non saranno messi in vendita mentre il futuro della gestione dei beni dello Stato si è già impaludata nella melma dei giochi politici e partitici.
Continua invece il lavoro del ministero delle Finanze per “scrivere” la norma relativa alla tassazione degli immobili (Imu per capirci). Ma anche qui il lavoro trasversale delle lobby e dei sindacati ha già diminuito l’ammontare della somma che il governo sperava di incassare solo nel giugno scorso. Ora si parla di introiti che diminuiscono di 80 milioni. Le cause? Innanzitutto il governo ha deciso che la Chiesa non pagherà l’Imu, mentre la tassa prevista per gli immobili agrari è stata dimezzata e poi, ciliegina sulla torta, le seconde case, gli appartamenti vuoti e quelli in affitto pagheranno la stessa aliquota delle prime case.
Posto che in Slovenia più di 150mila persone sono proprietarie di più di una abitazione, diverse sono le spiegazioni fornite dagli esperti per giustificare questa sorta di “buonismo” dell’esecutivo. «Sfuggire al pagamento di un’aliquota più alta per la seconda casa - spiega alla Rtv Slovenija l’immobiliarista Frano Toš - è semplice, basta che il proprietario intesti la seconda casa a un membro della famiglia e il gioco è fatto». Questo escamotage, rilevano a Lubiana, determinerebbe spese aggiuntive alle famiglie per i nuovi documenti e avrebbe un costo alquanto salato anche per lo Stato. «La cosa principale - puntualizza sullo stesso tema l’esperto fiscalista Darko Kon›an - è che dovremmo verificare se chi “apre” una nuova residenza vive effettivamente nell’abitazione scelta, se usa l’acqua o consuma energia elettrica e questo ci è impossibile». Tutti ragionamenti che avrebbero dovuto essere svolti, chiosano gli esperti, già nella prima stesura della norma da parte del ministero delle Finanze. Questa incertezza ha semplicemente sconquassato il mercato immobiliare, come conferma Toš, il quale conferma come in una siffatta temperie nessuno si azzarda all’acquisto di nuovi beni immobili. Un caso su tutti è quello dell’azienda Akrapovi› che proprio in vista del varo della legge d’imposta sugli immobili ha bloccato l’ampliamento del proprio stabilimento a ‹rnomelj. A questo punto sembra proprio che l’unico interrogativo non è se la Slovenia chiederà l’aiuto dell’Ue, ma quando.
ManzinMauro
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