Immigrazione, l’Austria punta i piedi: «Ue, norme da rivedere»

VIENNA. «Il Regolamento Dublino III non è conforme al principio di solidarietà dell’Unione europea contenuto nell’articolo 80 del Trattato di Lisbona». È questa la tesi in base alla quale l’Austria intende portare la questione davanti alla Corte di Giustizia dell’Ue, se la Commissione europea non produrrà significativi cambiamenti a Dublino III. L’annuncio è stato dato a Vienna in maniera congiunta dai ministeri degli Interni e della Giustizia.
Il Regolamento Dublino III, che disciplina l’accoglienza e le procedure per i richiedenti asilo, non rispetterebbe infatti lo spirito dei trattati europei là dove, appunto nell’articolo 80, si stabilisce che «le politiche dell'Unione e la loro attuazione sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell'Unione adottati in virtù del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell'applicazione di tale principio».
L’emergenza migranti di queste ultime settimane avrebbe mostrato concretamente tutte le debolezze del Regolamento: «Non è pensabile che il 92% delle richieste di asilo vengano sbrigate da solo 10 Paesi dell’Unione», ha detto il ministro degli Interni Johanna Mikl-Leitner: «Non abbiamo solo doveri ma anche diritti».
Pressata da Amnesty International, che dopo un sopralluogo ha definito inaccettabili le condizioni al campo principale di Traiskirchen, ma anche sotto accusa da parte di diverse altre Ong che imputano all’Austria una violazione dei diritti umani e delle convenzioni internazionali in tema di migrazione, ecco dunque la mossa a sorpresa di Vienna, sulla scorta di una perizia legale appositamente commissionata all’esperto di diritto comunitario Walter Obwexer, che ha presentato un elaborato di 14 pagine ora sul tavolo del governo.
In realtà il consiglio dei ministri non ha ancora prodotto una delibera: una possibile data di discussione potrebbe essere entro un paio di settimane, e solo dopo la consegna del documento a Bruxelles partirebbe il conto alla rovescia di due mesi, entro i quali la Commissione europea dovrebbe agire mettendo in campo i cambiamenti necessari a ristabilire una conformità tra Dublino III e i Trattati Europei. E solo qualora non vi fossero risposte adeguate entro otto settimane l’Austria potrebbe invocare l’intervento della Corte di Giustizia europea. Ma certo Vienna sta sopportando un peso notevole rispetto alle proprie possibilità e difficilmente mollerà la presa, se non porterà a casa risultati concreti.
Le possibilità di cambiamento di Dublino III potrebbero essere di varia natura: un aumento delle risorse per gli Stati più esposti, una redistribuzione dei rifugiati già riconosciuti, o una riforma radicale del regolamento in vigore.
La politica degli annunci che sta portando avanti in questi giorni il ministero degli Interni ha già prodotto in realtà effetti positivi. Il primo, appunto, a livello comunitario, visto che la portavoce Ue Annika Breithard ieri ha subito reagito: «Non è il momento di azioni gli uni contro gli altri, o di rivolgersi ai tribunali, bensì di collaborare per affrontare l’emergenza migranti e mettere in pratica l’Agenda europea sulla migrazione presentata lo scorso maggio dalla Commissione». Il Regolamento Dublino III verrà comunque sottoposto a revisione nel 2016, ha continuato la portavoce, e nel farlo si terrà conto dell’attuale sistema di distribuzione dei rifugiati: «Le regole comunitarie possono funzionare solo se gli stati membri mostrano solidarietà e si assumono responsabilità». La portavoce ha anche sottolineato che non si tratta di un problema «greco, ungherese, francese o austriaco, bensì di tutta l’Europa di fronte ad una crisi migratoria globale».
L’altro effetto prodotto dalla politica austriaca degli annunci è stato prodotto intanto a livello interno: è bastato infatti informare l’opinione pubblica che grazie ai Verdi la coalizione di governo ha la necessaria maggioranza di due terzi per approvare una legge costituzionale che sancisca il diritto di intervento da parte dello stato federale nel caso i Länder non vogliano accollarsi le quote proporzionali di migranti stabilite in rapporto alla popolazione, per indurre i governatori più potenti a fare veloci promesse di volontario allineamento.
Secondo i dati dell’Unhcr, dal 1945 ad oggi l’Austria ha accolto più di 2 milioni di rifugiati, di cui 700mila sono rimasti nel Paese. Con una popolazione salita a poco a poco a 8,5 milioni di abitanti, meno dunque della sola Lombardia, il piccolo Paese nel 2014 ha accolto 28.027 richiedenti asilo. Per quest’anno le previsioni sono di almeno 80mila arrivi. La vicina Ungheria è giunta a quota 50mila nei primi sei mesi dell’anno, nell’intero 2014 i rifugiati erano stati 43mila. Tuttavia pochi chiedono asilo in terra magiara. Molti tentano il passaggio attraverso l’Austria per raggiungere la Germania: le autorità austriache fermano di continuo migranti lungo le autostrade e le linee ferroviarie interne, la polizia di frontiera bavarese parla di 1600 fermi al giorno, ma non vi sono numeri su chi riesca a passare in territorio tedesco.
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