Immigrazione e Forza Nuova: la sicurezza fai-da-te nell'era della destra estrema a Trieste e dintorni

Una decina di militanti neofascisti, alcuni di loro con delle casacche rosse, in pattuglia nei dintorni della stazione di Trieste. È la scena che si è presentata agli occhi dei passanti a inizio settembre durante l’azione dimostrativa di Forza Nuova. È l’ultimo risvolto di quest’estate all’insegna del salvinismo, tradottasi plasticamente nelle strade in una serie di azioni che vanno dalle ronde anti-ambulanti di Casapound alla puntata sulle Rive del vicesindaco triestino Paolo Polidori. L’azione è stata rivendicata da Forza Nuova Trieste tramite i social network, e ha suscitato reazioni contrastanti nel centrodestra regionale: se il presidente leghista Massimiliano Fedriga tace, l’assessore alla Polizia locale Pierpaolo Roberti apprezza l’iniziativa, pur auspicando che «venga fatta all’interno della cornice della legge Seganti sui volontari».

Forza Italia invece prende le distanze, con la coordinatrice regionale Sandra Savino che definisce «esibizione muscolare» l’azione, e il consigliere comunale Bruno Marini pronto a dirsi «preoccupato». Il sindaco Roberto Dipiazza dice: «Non concordo ma comprendo le ragioni». Prefettura e Questura, invece, preferiscono non commentare.
Sui social i forzanovisti raccontano di aver perlustrato la zona di piazza Libertà, del Silos e dell’ex Inps dopo aver avuto segnalazioni addirittura di casi di «prostituzione minorile» fra «ragazze triestine (...) disposte a concedersi in cambio di pochi euro» a «stranieri di origine africana». Nel corso della serata, racconta ancora Fn, i militanti avrebbero avvistato delle persone di colore che, vista avvicinarsi la pattuglia neofascista, han preferito darsela a gambe. Il coordinatore regionale Fn Denis Conte conferma che questa è solo la prima «passeggiata»: «Finora l’avevamo fatto sui bus, ora intendiamo accendere un riflettore sul degrado e in caso di necessità chiamare le forze dell’ordine».
Il presidente Fedriga non commenta la vicenda, ma l’assessore Roberti spende parole di lode: «Non ci vedo nulla di male - dice -. Anche se ricordo che abbiamo una legge che prevede i volontari per la sicurezza, passata indenne all’epoca Serracchiani, e preferirei che iniziative del genere venissero fatte all’interno di quella cornice. Ma se questi volontari non intervengono direttamente e si limitano a chiamare le forze dell’ordine, sono solo un occhio in più sulla città».
Restando in ambito leghista, il vicesindaco di Trieste Polidori, citato esplicitamente come esempio positivo da Conte, commenta: «Richiamare all’ordine quando qualcuno viola le regole è un atteggiamento auspicabile, purché non si usurpino le funzioni della polizia. Lungi da me istigare nessuno, ma bisogna essere intellettualmente disonesti per vedervi delle ronde».
Il primo cittadino Roberto Dipiazza si pone in posizione mediana: «Io non condivido iniziative simili, ma il problema è che si tratta di una reazione. Non abbiamo voluto gestire l’immigrazione mettendo i richiedenti in luoghi appositi, abbiamo voluto fare l’accoglienza diffusa, e questo è il risultato». La coordinatrice regionale di Forza Italia Sandra Savino afferma: «Si tratta di dimostrazioni muscolari scatenate da questioni riguardanti le singole forze politiche, che hanno lanciato un’inutile rincorsa.
I cittadini non hanno compiti simili, per questo esistono le forze preposte». Così invece il forzista triestino Bruno Marini, esponente dell’anima democristiana del partito: «Cose del genere irritano e preoccupano. Come Forza Italia abbiamo condannato il blitz di Polidori, che pur essendo un po’ irrituale non era così grave. Le ronde invece suscitano preoccupazione, un po’ perché pare una rincorsa fra forze di destra, un po’ perché il mantenimento dell’ordine pubblico non è compito dei cittadini». Aggiunge ancora Marini: «Fedriga e gli altri hanno tanto esaltato i rinforzi che Salvini ha mandato in regione. Mi pare che fra polizia, carabinieri, guardia di finanza e polizia locale ci sia una presenza di forze dell’ordine sufficiente. Se ci sono problemi in zona stazione, basta mettere una pattuglia sulle 24 ore».
Intanto in Consiglio comunale è comparsa una richiesta di chiarimento da parte del capogruppo Pd Fabiana Martini su una possibile partecipazione, durante un'uscita delle ronde nostrane, di un vigile urbano. Alla tale richiesta ha risposto il vicesindaco Paolo Polidori confermando la volontà di approfondire il caso e capire se ciò è veramente accaduto.
L’estate italiana del 2018 non ci ha riservato soltanto il ministro degli Interni a petto nudo intento a pubblicizzare ristoranti di pesce, ma è stata anche punteggiata dalle ronde e dalle iniziative “in prima persona” della destra. L'intero Stivale ne è stato protagonista.
A Trieste ha fatto scalpore il blitz del vicesindaco leghista Paolo Polidori sulle Rive, a fine agosto: con il suo cellulare ha ripreso se stesso mentre chiedeva "per favore" a dei ragazzi pakistani, che si è scoperto essere sia profughi che clandestini, di andarsene.
Non contento, anche a metà settembre a deciso di ripetere l'azione, questa volta cacciando una dozzina di immigrati che stazionava nel sagrato della chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo. E' stato lo stesso vicesindaco a postare su Facebook all'indomani un video in cui illustra la situazione: ragazzi avvolti in coperte che dormono per terra. Mostra poi l'arrivo delle volanti della polizia.
Il suo polso duro però non è servito a molto visto che esattamente il giorno dopo altri immigrati stavano giocando a carte nello stesso punto della città, dove hanno posizionato stuoini e sacchi a pelo in attesa della notte dalle temperature ancora sopportabili, per fortuna. E' successo dunque la stessa cosa avvenuta dopo il blitz delle Rive: come in molti hanno commentato la Lega sposta il problema ma non lo risolve.
L’iniziativa dei neofascisti suscita l’opposizione del Partito democratico ma anche del Movimento 5 Stelle triestino. E della Chiesa, furiosa contro chi non comprende la parola "accoglienza". Non è esente dalle reazioni contrarie la polizia che dice no ad azioni del genere.
Ecco dunque che fin da subito è intervenuta per i dem la senatrice Tatjana Rojc: «Dopo il blitz di Polidori sulle Rive e le “passeggiate” dei forzanovisti in stazione - dichiarava la parlamentare dopo la prima "perlustrazione" -, per distinguere le ronde della Lega da quelle di Forza Nuova bisognerà guardare se hanno la camicia verde o quella bruna». Per l’esponente del Pd iniziative come quella di Forza Nuova «sono un insulto alle forze dell’ordine, alla polizia dello Stato e anche a quella comunale, che in sostanza sono dichiarate incapaci e incompetenti a fare il loro lavoro. Privati cittadini si aggirano per la città con il dichiarato scopo di “fare sicurezza”, senza autorità alcuna, senza identificazione, senza preparazione, speriamo senza alcun tipo di arma». Rojc ricorda poi come anche le sigle di polizia (vedi articolo a parte) si siano espresse in senso contrario: «Più volte i sindacati di polizia hanno messo in guardia dal prendere iniziative del genere, da parte di chi si improvvisi “vigilante notturno” e si avventuri in imprese forse spettacolari ma pericolose. Forse i signori di Forza Nuova pensano che le forze dell’ordine siano ignare di quanto accade in città?».
La parlamentare dem non perde l’occasione per lanciare una stoccata al governo cittadino e regionale: «Bizzarro che con la destra al governo qualcuno senta l’esigenza di farsi guardiano della città. O forse non è bizzarro, ma è l’evoluzione quasi naturale di un clima che mette nell’angolo le istituzioni e fa salire sul podio il partito e la fazione». La senatrice ricorda infine come il consigliere comunale Fabio Tuiach (ex leghista passato a Fn e parte della pattuglia di venerdì sera) sostenga l’amministrazione guidata da Roberto Dipiazza: «Forza Nuova fa parte della maggioranza in Comune, ma è come se fosse all’opposizione. Stanno dicendo a Dipiazza che è sindaco di una città insicura, che non sa fare il suo mestiere. A scaldarsi la serpe in seno, succede anche questo». In silenzio invece il prefetto Annapaola Porzio e il presidente Fedriga. Diplomatico il questore Isabella Fusiello.
Il capogruppo in Consiglio comunale per il Movimento 5 Stelle, Paolo Menis, condanna l’iniziativa: «La sicurezza del territorio spetta alle forze dell’ordine e non ai privati cittadini. Dev’essere un servizio pubblico, se ci sono degli episodi che lo richiedono, i cittadini devono limitarsi a chiamare le forze dell’ordine». Conclude Menis: «Forza Nuova rincorre la Lega e il vicesindaco Polidori, la cui iniziativa ha avuto l’esito di spostare i richiedenti asilo dalle Rive al Silos. Si può scegliere una linea dura sull’immigrazione a livello nazionale, ma una volta che sono sul territorio bisogna gestirli».
Netto il supporto da alcuni politici leghisti, anche se il presidente della Regione Fvg Masssimiliano Fedriga non si esprime. Così come alcune istituzioni.
«Se vengono nel mio comune avviserò subito le forze dell’ordine, le uniche competenti a controllare il territorio». È secca e decisa la replica di Sandy Klun, sindaco di San Dorligo della Valle, all’annuncio fatto da Denis Conte, coordinatore regionale del movimento di estrema destra Forza Nuova, che l’altro giorno aveva parlato di attivare ronde in Val Rosandra, sulla scia di quella di venerdì notte nella zona della Stazione di Trieste. «Se vengono a fare una semplice passeggiata nessun problema – precisa Klun, che guida da quasi cinque anni una maggioranza di centrosinistra – ma se dovessimo riscontrare in loro un atteggiamento diverso, allora il mio intervento sarebbe drastico e allerterei subito Carabinieri e Polizia di Stato».
Klun non è un sindaco che ama fare il protagonista, svolge il suo ruolo con concretezza e discrezione, ma stavolta non ha dubbi: la scena è sua. «I problemi del mio comune li conosco bene – evidenzia – e so come affrontarli. Anche il fenomeno degli indumenti abbandonati dai migranti che attraversano il nostro territorio lungo la cosiddetta “rotta balcanica” è ben chiaro nella mia mente – prosegue – e, a questo proposito, a breve darò l’incarico a due dipendenti dell’amministrazione, solitamente impegnati nella cura dei giardini delle scuole, di dedicarsi anche alla pulizia dei sentieri utilizzati da quanti entrano in Italia passando per San Dorligo della Valle. Se poi la Regione metterà a disposizione uomini della Guardia forestale per i controlli, non sarò certo io a oppormi – dice – perché si tratta di personale esperto e inquadrato all’interno di un corpo che ha precisi compiti. Di certo non accetterò persone – continua Klun – che non mi risulta abbiano incarichi di questo tipo. Se proprio quelli di Forza Nuova vogliono rendersi utili – conclude – indossino i guanti e puliscano i sentieri dagli indumenti abbandonati».
Le dichiarazioni di Conte hanno avuto addirittura il potere di indurre Boris Gombac, capogruppo di “Uniti nelle tradizioni” a San Dorligo, movimento storicamente ostile alla giunta Klun, a schierarsi sulle posizioni del sindaco: «Quelli di Forza Nuova non hanno alcun permesso di venire qui a controllare il territorio – afferma –, inoltre dimenticano un particolare fondamentale. Il territorio di San Dorligo è in gran parte di proprietà delle Comunelle locali, perciò stiano attenti. A Trieste hanno agito sulle pubbliche vie, qui camminerebbero su aree private. Stanno creando un nemico che non c’è – prosegue Gombac – e che non sono di sicuro i migranti».
Davide Stokovac è capogruppo dell’Unione slovena: «Azioni di questo tipo sembrano fatte apposta per inculcare la paura nella gente – sostiene – mentre la realtà è ben diversa, in quanto un vero pericolo non c’è. Si tende a sostituire la realtà con una falsa percezione. Si tratta di un terrorismo – aggiunge – finalizzato a originare il terrore. È giusto parlare di sicurezza – conclude Stokovac – ma non nei termini proposti da queste persone». Di parere opposto è invece Roberto Massi, da poco approdato alla Lega, di cui è ora capogruppo sempre a San Dorligo: «Sono favorevole a controlli di questo tipo – dice – e lo sarei anche se le ronde fossero di Rifondazione comunista. Si tratta di collaborare con le forze dell’ordine, anche perché Forza Nuova si limita a fare segnalazioni, non altro».
Se in Italia regnano le ronde, al di là del confine, in Slovenia, si sono palesati gli ultramilitari della sedicente “Guardia della Štajerska”. Si allenano, in marcia in un fitto bosco e poi tutti sull’attenti in una radura, indosso pantaloni mimetici e magliette verde-militare, il viso celato da passamontagna neri. Alcuni brandiscono un’ascia, altri dei fucili automatici. Alla loro testa c’è un politico ultranazionalista. Non sono scene dalle guerre balcaniche degli Anni Novanta, né siamo nell’insanguinato Donbass: è tutto vero, è accaduto in un’area imprecisata delle Pohorje, sopra Maribor, nella tranquilla e mitteleuropea Slovenia. Paese che in realtà è un po’ in agitazione in questi giorni. Lo è a causa dell’apparizione sui social media e su portali locali di video e immagini che ritraggono un folto gruppo – tra i 50 e 70 – di paramilitari in addestramento.
Chi sono? Parziali risposte, inquietanti, non sono tardate ad arrivare. Si tratta della sedicente “Guardia della Štajerska”, la Stiria slovena. Parola di Andrej Šiško, che ha ammesso di essere il fondatore e il numero uno del neonato gruppo in armi. Šiško non è un personaggio qualunque: è il controverso leader del movimento extraparlamentare di estrema destra e anti-migranti Slovenia Unita, fautore della chiusura delle frontiere e del mantenimento della “purezza” etnica, solo lo 0,6% di voti alle ultime parlamentari. Ma è anche ex candidato alle presidenziali del 2017, nelle quali raggranellò un non disastroso 2,2%.
Qual è l’obiettivo dei paramilitari? Confuso, al momento. Šiško ha spiegato all’agenzia Sta che sarebbe quello di «assicurare l’ordine», se necessario, nell’immaginario «Stato di Štajerska», da lui stesso proclamato nel 2017 nel nordest della Slovenia, come ha aggiunto a questo giornale. E come ogni Stato anche Štajerska avrebbe «il diritto di avere le proprie forze di difesa e di garantire l’ordine e il controllo delle frontiere». Ma gli uomini in armi sarebbero solo «un gruppo di difesa volontaria», non paramilitari, ha assicurato.
Solo provocazioni, da non prendere sul serio? Non sembrano pensarla così i vertici politici a Lubiana, preoccupati dalla commistione tra politica, estremismo e armi. La Slovenia è una nazione Ue «sicura» in cui «nessuna persona non autorizzata ha il bisogno o il diritto di occuparsi illegalmente della sicurezza e dei confini», ha così ammonito il presidente della Repubblica Borut Pahor.
Durissimo anche il premier uscente Miro Cerar, che ha parlato di episodio «completamente inaccettabile» e ha invitato la polizia a investigare, mentre la ministra degli Interni Györkös Žnidar ha promesso «tolleranza zero». Detto fatto, con le forze dell’ordine che indagano per crimini contro «l’ordine costituzionale» e «traffico di armi». Armi, quelle usate dalla Guardia, che non sono state infatti registrate perché «portarle è un diritto umano fondamentale», aveva candidamente confessato lo stesso Šiško. L’uomo «libero e senza paura» Siško, con Il Piccolo, si definisce «duca di Štajerska» e conferma di «essere uno dei fondatori» della Guardia, oggi forte di «alcune centinaia di persone». «No, non siamo un gruppo di paramilitari – ribadisce – ma la guardia ufficiale» dell’immaginario staterello. Non fanno paura, a Šiško, neppure le parole di Pahor, «solo un grande comico, comandante dell’esercito sloveno» che non è «capace di proteggere» la nazione. E la Štajerska varda? Sarebbe pronta, ad esempio, a schierarsi in chiave anti-migranti? Certo, confessa Šiško, «non permetteremo scenari come in Francia e in Germania». E non si metta di mezzo la polizia. «Non ho paura di nulla – chiosa – sono solo un uomo libero». E in cerca di visibilità, con metodi malsani e pericolosi.
Ma questi comportamenti sono stati subito casati dal governo Pahor. Tanto che Šiško è stato innanzitutto posto in stato di fermo dall'autorità giudiziaria e poi arrestato.
Anche se poi per mancanza di prove il giudice ha rilasciato Šiško. La decisione è stata presa da un giudice istruttore del tribunale distrettuale di Maribor che, dopo oltre cinque ore di consiglio, ha stabilito di sospendere il fermo di Šiško, che era stato prolungato soltanto il giorno prima. Secondo il magistrato, la procura non avrebbe fornito prove sufficienti sui presunti reati e non ci sarebbe alcun rischio di «ripetizione del crimine» da parte di Šiško, che dunque è stato rimesso in libertà. Confermando quanto aveva detto il suo avvocato a questo giornale – ossia che si è trattato solo di una «provocazione» - il leader di estrema destra ha ribadito la propria totale innocenza ed estraneità al reato di «incitamento al sovvertimento violento» dell’ordine costituzionale. «Volevo solo dimostrare in quale Paese viviamo», ha affermato Šiško dopo il rilascio, davanti a una trentina di sostenitori del movimento Slovenia Unita. «Quando mi sono candidato alle presidenziali» dell’anno scorso – conquistando un 2,2% - «e rispettavo tutti i parametri di legge, non ho ricevuto alcuna attenzione da parte dei media; mentre ora sono tutti concentrati su di me», ha aggiunto il numero uno della sedicente “Guardia della Stiria” slovena. La decisione del giudice di Maribor è però transitoria. Un “panel” riesaminerà il provvedimento in questi giorni, prima che diventi definitivo.
Dall’inizio del 2018, 6mila migranti sono entrati irregolarmente in Croazia passando dalla Bosnia-Erzegovina. Ad annunciare il dato è stato il responsabile del servizio stranieri di Sarajevo, Slobodan Ujic. «La Bosnia - ha affermato Ujic - ha registrato dall’inizio dell’anno l’ingresso di 9.730 persone e, di queste, il 60% è riuscito ad attraversare il confine croato». Pachistani, siriani, iraniani - queste le nazionalità più frequenti stando alle informazioni delle autorità bosniache - utilizzano oggi una “rotta dei Balcani” leggermente spostata verso ovest rispetto a quella che fu impiegata nel 2015 e nel 2016. Invece di attraversare la Serbia e di puntare verso l’Ungheria, si tenta oggi la via della Bosnia e del passo di Velika Kladusa, a 200 km da Trieste, al quale segue un brevissimo tratto di Croazia (poco più di 60 km) e infine la frontiera slovena e quindi dell’inizio dell’area Schengen.
Ma entrare in Croazia non è così scontato. Come al confine italo-sloveno, attorno a Trieste, i controlli si sono rafforzati, così alla frontiera croato-bosniaca le pattuglie sono sempre più numerose. Per il ministro dell’Interno di Zagabria, Davor Bozinovic, «è grazie all’ottimo lavoro della polizia, se il nostro paese può permettersi di lasciare le sue frontiere aperte e non usare filo spinato». Un punto di vista messo tuttavia in discussione negli ultimi giorni dalle associazioni umanitarie che soccorrono i migranti da entrambi i lati del confine. Questa settimana, l’Iniziativa Dobrodošli (Benvenuti), che segue il fenomeno migratorio fin dal 2015, ha accusato gli agenti croati di «sistematiche azioni inumane», riportando le testimonianze di migranti espulsi dalle forze dell’ordine direttamente al confine e con evidenti segni di percosse.
Arrivati vicino al capoluogo giuliano per loor è diventato in effetti sempre più complicato eludere le forze di polizia slovene e italiane. Allora passano per i boschi, di notte, si cambiano, lasciano a terra la maggior parte di abiti e zaini per evitare di far comprendere, una volta entrati in città, che stanno viaggiando da settimane e che quindi sono dei clandestini. Il ministro dell'Interno Matteo Salvini e Masismiliano Fedriga di concerto con Prefettura e Questura hanno rafforzato i controlli dall'inizio dell'estate, anche se, come ha sottolieanto più volte il prefetto Annapaola Porzio, il dispositivo che predispone un numero più elevato di poliziotti ai confini viene inviato ogni anno in questo periodo proprio perché è ormai normale che il flusso di migranti d'estate s'intensifichi.
Le scappatoie da cui riuscire e riemergere dopo essersi nascosti nel bosco sono molteplici. Dalla Val Rosandra sbucano a Longera oppure da Buje prendono la strada per Basovizza fino ad arrivare nelle strade del pieno centro cittadino.
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