Il vescovo di Gorizia: «L’accoglienza tutta sulle spalle della Diocesi»
GORIZIA Dovrebbero svolgere un ruolo di supporto. In realtà, Arcidiocesi e Caritas diocesana si sono ritrovate a ricoprire una funzione di vera e propria “supplenza” in tema di immigrazione e accoglienza. Un dato incontestabile che ha fatto da sfondo all’intervento dell’arcivescovo Carlo Maria Redaelli nella parte finale della conferenza stampa dedicata al Giubileo.
«È giusto dire che il peso dell’accoglienza non va esclusivamente sostenuto dalla città di Gorizia ma il problema, poi, va affrontato e qualcuno non l’ha fatto. Non si possono lasciare quelle persone senza un tetto, all’addiaccio, al freddo». Parole evidententemente indirizzate alle istituzioni e sindaco Ettore Romoli, seppur prive di vis polemica o di voglia di contrapposizione.
Segnali chiari alle istituzioni
Redaelli ha insistito più volte sulla parola “collaborazione”. «La Costituzione e le norme nazionali ed internazionali assegnano l’onere di provvedere all’accoglienza delle persone richiedenti asilo ad altre istituzioni e non alla Chiesa e alla Caritas. A noi spetterebbe una funzione di animazione. Di fatto, però, per una serie di circostanze, il carico dell’accoglienza era tutto sulle spalle della Caritas diocesana e della Parrocchia della Madonnina - il ragionamento dell’arcivescovo -. È stato in quei frangenti che è arrivata la disponibilità di Medici senza frontiere a fare qualcosa: abbiamo verificato giuridicamente se era possibile ospitare i container negli spazi esterni del San Giuseppe e, una volta arrivati i responsi positivi, abbiamo assecondato la volontà di questa organizzazione. Sarà un dormitorio di emergenza. Andava fatto».
Peraltro, l’area è stata concessa gratuitamente. «È vero: in questo momento la pressione degli immigrati è meno forte. E di questo siamo felici. Non abbiamo mai detto nè pensato che più richiedenti asilo ci sono e meglio è», ha chiosato Redaelli.
I numeri dell’accoglienza
L’arcivescovo ha snocciolato, quindi, una serie di dati esaustivi sulla presenza effettiva dei profughi. «Attualmente, ci sono 403 migranti ospitati al Cara di Gradisca d’Isonzo, al Nazareno ci sono 110, a San Canzian d’Isonzo 18, a Romans 16 e a Cormòns 15. Grazie agli ultimi trasferimenti, i senza convenzione sono ventitré che trovano sistemazione al dormitorio di Piazzutta e alla Madonnina. Ma il flusso è continuo. Gorizia accogliente? Sì, continuo a pensare che Gorizia sia accogliente. Mi dicono che ci sono parecchie persone che si sono avvicinate alla Caritas e hanno offerto aiuti e supporti per garantire una migliore accoglienza a queste persone».
Redaelli ha evidenziato anche un altro fenomeno. «Dal centro di preghiera mussulmano (la moschea) di Nova Gorica sono arrivate in dono derrate alimentari all’Emporio di solidarietà, destinate ai nostri poveri. Mi sembra un segnale importantissimo e che voglio evidenziare in questa occasione». Quanto alle critiche per la sua presenza alla veglia per la morte del giovane afghano annegato nei mesi scorsi nell’Isonzo, Redaelli è stato telegrafico e netto: «Quando una persona muore ha diritto ad una preghiera. Era la giusta attenzione».
La replica di Romoli
Il sindaco Romoli replica praticamente in tempo reale all’arcivescovo Redaelli. E lo fa tirando in ballo le altre Parrocchie, quelle della Sinistra Isonzo, quelle del Monfalconese. «Mi fa piacere che, come sempre, l’arcivescovo dia atto che la città di Gorizia non può sopportare da sola il peso dei flussi migratori. E ringrazio la Chiesa che sta provvedendo all’accoglienza. Quello che mi stupisce, però, è che sia solo la Chiesa goriziana e non quella monfalconese, staranzanese, sancanzianese, ronchese ad offrire strutture e accoglienza ai richiedenti asilo...»
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