Il Veneto tenta il blitz sulla specialità
TRIESTE. Luca Zaia intravede uno spiraglio nelle modifiche della Costituzione e prova a infilarci, per il suo Veneto, l’ipotesi di statuto speciale. Il Veneto diventi come il Friuli Venezia Giulia, insiste il governatore leghista, perché altrimenti si completerà la distruzione in corso nei confronti delle Regioni ordinarie del Nord «che pagano i conti di tutte le altre». Una provocazione, quella di Zaia, respinta dai parlamentari del Pd, mentre Sandra Savino, deputata di Forza Italia, asseconda l’iniziativa del presidente del Veneto che scrive ai parlamentari della sua regione di non perdere la «grande opportunità che si è aperta in queste ore in aula».
Secondo Savino «le Regioni ordinarie possono diventare speciali, in modo da respingere forme di neocentralismo e gestire con maggiore autonomia varie partite, proprio come fa il Friuli Venezia Giulia». L’articolo 116 è quello che assegna anche a Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta «forme e condizioni particolari di autonomia». Ma è anche quello che, al terzo comma, prevede un regionalismo differenziato che non ha mai trovato attuazione: «Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali». La materia è quella della legislazione concorrente Stato-Regione all’interno del ddl di riforma costituzionale del Senato e del Titolo V. Se ne discuterà alla Camera fino al voto fissato venerdì 23 gennaio.
Zaia coglie l’occasione del dibattito per sollecitare senatori e deputati veneti. «Gli ho chiesto, senza distinzione di colore, di fare squadra – fa sapere il governatore del Carroccio –, di passare dalle parole ai fatti e chiedere che nel primo comma dell'articolo 116 la parola “Veneto” sia anteposta a “Friuli Venezia Giulia”. Vedremo, nel caso, quali saranno le loro giustificazioni, visto che ritengo che le posizioni di tutti vadano in questa direzione. Ma ritengo sarebbe grave non avere un esito positivo».
Nella lettera Zaia spiega che la richiesta «non è alternativa all’indipendenza», tema su cui ribadisce l’importanza di arrivare al referendum, e sottolinea con favore la proposta di introduzione dei costi standard per la prima volta nella Carta evidenziando però anche come la novità sia contemperata da previsioni di segno contrario. «Senza parlare del Senato delle Regioni – aggiunge –, in cui il Trentino ha sei rappresentanti e il Veneto sette, della non assoggettabilità ai costi standard delle Regioni a statuto speciale, dell’introduzione di un neo-centralismo rispetto alle ordinarie, dell’introduzione della supremazia statale e della conferma della farraginosità del meccanismo dell’articolo 116 per richiedere ulteriori competenze». Chiusura con allarme: «In sordina si sta distruggendo il Veneto e le altre quattro regioni che, con il loro residuo fiscale, pagano i conti di tutte le altre. Toglierci competenze è agire da vampiri e non so quali reazioni susciterebbe nei veneti vedersi sbattere ancora una volta la porta in faccia».
Se Savino apre alla specialità per tutti, i parlamentari dem bocciano le posizione di Zaia. «La questione non è rendere “speciale” chi non lo è, ma fare in modo che le ordinarie possano utilizzare meglio di quando hanno fatto finora strumenti legislativi già a loro disposizione – dice Ettore Rosato –. Altra cosa è invece puntare sul federalismo fiscale, partita su cui il Pd è fortemente impegnato». Francesco Russo, sollevato il sospetto di una «boutade elettoralistica» del governatore veneto, invita a sua volta Zaia «a prendere atto che specialità non significa più soldi, ma più responsabilità: non so se il presidente della Lega se le vuole assumere». Se comunque le Regioni daranno miglior prova rispetto al passato, si può certamente mettere in agenda una loro maggiore autonomia».
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