Il “turismo” sanitario frutta 26,8 milioni

È la somma che la Regione introita grazie ai pazienti che vengono a curarsi in Friuli Venezia Giulia dalle altre parti d’Italia
Un medico mentre sta eseguendo un esame
Un medico mentre sta eseguendo un esame

TRIESTE. C’è un ginocchio da aggiustare a il “passaparola” porta qualche cittadino del Friuli Venezia Giulia in Veneto. Ma vale anche il contrario: le strutture regionali attraggono pazienti di altre regioni. Anzi, ne attraggono anche di più come conferma il saldo positivo per la Regione (+26,8 milioni nel 2013 con un significativo +25,4 milioni nei confronti del Veneto) per quel che riguarda il “turismo” in corsia, stando al meccanismo delle compensazioni che in tutta Italia vale complessivamente un miliardo di euro.

La mobilità sanitaria interregionale, è la premessa, è conseguenza del diritto dell’utente a ottenere cure a carico del proprio sistema sanitario regionale anche in un luogo diverso da quello di residenza. La spesa relativa alle prestazioni sanitarie offerte ai non residenti è inizialmente a carico delle regioni di residenza degli assistiti; solo in un secondo momento intervengono i rimborsi, corrisposti a consuntivo e dopo un’operazione di compensazione che, data la sua complessità, è disciplinata da apposite linee guida approvate dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

I dati forniti dagli uffici dell’assessorato regionale fotografano una situazione favorevole sia per il 2012 che per il 2013 (manca ancora la validazione sul 2014, ma il quadro non ha solitamente eccessivi scossoni). In sostanza, sono più numerosi i cittadini di altre regioni che si curano in Friuli Venezia Giulia rispetto a quelli del Friuli Venezia Giulia che scelgono ospedali e cliniche al di fuori dei confini regionali. Se nel 2012 il saldo era di circa 28,5 milioni di euro, nel 2013 si rimane comunque con un attivo di 26,8 milioni, la differenza tra i 98,9 milioni in entrata (la maggiore parte, circa 65 milioni, per i ricoveri, una ventina di milioni per la specialistica, il resto per farmaci, cure termali e interventi dell’elisoccorso) e i 72,1 in uscita. Il maggiore introito è quello che arriva dai veneti, le cui prestazioni sanitarie sul territorio regionale valgono 69,8 milioni (contro 44,4 milioni in direzione opposta). A seguire ci sono i 6 milioni per le cure ai siciliani, i 3,4 milioni per i campani e i circa 3 milioni per pugliesi e lombardi. Al contrario, Veneto a parte, i cittadini del Friuli Venezia Giulia si recano spesso in Lombardia (9,5 milioni il flusso finanziario in uscita) e in Emilia Romagna (oltre 7 milioni). Cifre superiori al milione di euro si spendono anche per le cure dei regionali in strutture sanitarie della Toscana (1,9 milioni), della Campania (1,3 milioni), del Lazio e del Piemonte (poco oltre 1 milione).

«Un dare-avere confortante – commenta l’assessore alla Sanità Maria Sandra Telesca – che conferma quanto la nostra offerta sia apprezzata anche da cittadini delle altre regioni. Dispiace solo che, visto che la partita è gestita dal ministero dell’Economia, questi soldi sono scritti a bilancio ma non sempre entrano in cassa in tempi rapidi». Il saldo più positivo (+25,4 milioni) è quello con il Veneto, quindi si registrano +5 milioni con la Sicilia, +2,6 milioni con la Puglia e +2 milioni con la Campania. Saldi negativi, invece, solo in cinque situazioni: con la Lombardia (-6,4 milioni), l’Emilia Romagna (-4,6 milioni), la Provincia di Bolzano (-463mila), la Toscana (-438mila euro) e il caso specifico dell’ospedale pediatrico di Roma “Bambino Gesù”. Guardando ancora al Veneto emerge in realtà una progressiva erosione dell’attrattività favorevole alla sanità friulgiuliana.

Gli oltre 25 milioni di saldo restano una cifra importante, ma nel 2012 si erano toccati i 27,6 milioni di euro e nel 2014 (il Veneto ha già a disposizione i dati dell’anno scorso) la spesa dei cittadini Fvg nella regione confinante è salita del 4% (da 44,4 a 46,2 milioni). Secondo i dati Istat 2012, le regioni italiane sono interessate da circa 567mila ricoveri ospedalieri (o dimissioni) di pazienti non residenti (8,4% del totale dei ricoveri ordinari per “acuti”) e da oltre 506mila ricoveri effettuati dai pazienti in una regione diversa da quella di residenza.

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