Il Tribunale di Trieste intasato dai processi per frodi al Sud

Centinaia di fascicoli per raggiri ai danni di Allianz e Generali dirottati ogni anno al Foro Ulpiano per competenza territoriale
Tommasini-Trieste-Tribunale
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Processi per “incidenti fantasma” avvenuti – o il più delle volte mai avvenuti – nel Sud Italia, che devono essere celebrati, però, a Trieste. Una doppia beffa per i giudici, costretti a farsi carico di una mole di lavoro supplementare per reati “d’importazione” che nulla hanno a che fare col territorio giuliano, e per i cittadini triestini, che si ritrovano con una macchina della giustizia appesantita e tempi di svolgimento dei procedimenti rallentati.

Ha i contorni dell’autentico paradosso giuridico il fenomeno che continua a ingolfare gli uffici giudiziari in Foro Ulpiano: si tratta di centinaia e centinaia di fascicoli aperti per sinistri-truffa, reati commessi prevalentemente in Campania e in Puglia. Nel 95% dei casi incidenti inventati o comunque dalle conseguenze per la salute delle “vittime” palesemente ingigantite.

Frodi confezionate con l’obiettivo di incassare indebitamente i soldi dalle due compagnie assicurative che hanno sede a Trieste: Generali e Allianz. Spesso i raggiri sono integrati da false documentazioni e certificazioni, anche mediche, che attestano lesioni ben più gravi rispetto a quelle reali e moltiplicano i giorni di prognosi. Ciò implica la complicità, non infrequente, di persone che lavorano nelle strutture sanitarie del luogo in cui sarebbe avvenuto il sinistro. Nella maggior parte dei casi si cerca di dimostrare un danno subito per incidenti letteralmente “confezionati” a tavolino.

Ma perché i processi per reati commessi nelle province di Napoli, Caserta o Foggia (i territori più ricorrenti nei fascicoli) vengono celebrati a Trieste? Proprio qui sta il punto. Se non si trova il luogo certo in cui sono state consumate le altre condotte penalmente rilevanti connesse alla frode, ad esempio la stesura materiale del certificato falso, la giurisprudenza impone di incardinare il procedimento nel Tribunale del territorio in cui hanno sede legale le compagnie assicurative truffate. Ovvero Trieste per Generali e Allianz, anche se per i casi riferiti a quest’ultima la situazione “migliorerà” visto il recente trasferimento a Milano.

A consolidare questo orientamento è stata negli anni scorsi la Cassazione. E così, gli uffici giudiziari del capoluogo giuliano si sono ritrovati inondati da migliaia di fascicoli per l’articolo 642 del codice: “Fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona”. Reato non da poco: il massimo della pena è cinque anni di reclusione.

L’istruttoria è molto complicata: ci sono le visite fiscali e soprattutto il problema dei testi che devono arrivare da Campania o Puglia. Molti dei testimoni non vogliono presentarsi anche perché il rimborso spese è un problema. Il ricorso all’accompagnamento coatto è complicato dalla penuria di personale delle forze dell’ordine. Dall’altra parte ci sono gli avvocati delle compagnie assicurative che, legittimamente, hanno tutto l’interesse a portare avanti il procedimento giudiziario e si oppongono all’eventuale archiviazione. Del resto quello delle truffe assicurative, in tutta Italia, è un fenomeno grave. La maggior parte dei processi a Trieste si chiude con la condanna in dibattimento o comunque con un decreto penale emesso dal magistrato.

La linea dettata dalla Cassazione ha una sua logica giuridica, ma nei fatti a farne le spese è un Tribunale piccolo come quello di Trieste, i cui ruoli vengono intasati. Nel 2019, dopo il primo semestre, erano circa 500 i procedimenti ancora pendenti per le frodi assicurative commesse nel Sud Italia, di cui 308 in dibattimento e gli altri davanti al giudice per le indagini preliminari. Quest’anno il trend statistico è sostanzialmente lo stesso, visto che nel frattempo sono continuate ad affluire nuove denunce. Siamo vicini al mezzo migliaio di procedimenti pendenti e in più la situazione è stata ulteriormente complicata dall’emergenza Covid.

L’impatto sull’andamento dell’attività è facilmente immaginabile: centinaia di fascicoli in più rispetto alla normale competenza territoriale, e le pastoie della fase istruttoria, rallentano il flusso dei dibattimenti, nonostante il personale degli uffici giudiziari faccia il possibile per portare a termine in tempi brevi i processi.



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