Il tetto spande causa nido. Ma a Trieste i gabbiani non si toccano
Nella storica dimora dei Luzzatto-Fegiz, splendida villa borghese di fine ‘800 in via Rossetti, da qualche mese sono arrivati dei nuovi ospiti. Non graditi e fautori di danni non da poco, ma con i quali per rispettare la legge è necessario convivere. Sono due gabbiani adulti e qualche mese fa hanno deciso di nidificare proprio sul tetto della villa, vicino all’abbaino che dà su una delle stanze del sottotetto. Si sono costruiti un nido e si sono dati alla procreazione, sfornando due giovani eredi che ora zampettano allegramente sul tetto insieme ai genitori, per la gioia (si fa per dire) di Alice Luzzatto Fegiz, padrona di casa e figlia di Pierpaolo, che ogni mattina intorno alle 4 viene svegliata dai loro stridii.
Ma fosse tutto qui, il problema si potrebbe risolvere con semplici tappi per le orecchie. Invece gran parte del materiale che gli uccelli hanno utilizzato per costruirsi il nido è finito sulla grondaia sottostante, intasandola, e in breve tempo l’acqua piovana, nella sua inarrestabile corsa comandata dalla forza di gravità, si è infiltrata nel muro adiacente e ha trovato così la sua via verso terra, causando considerevoli danni alla parete, sia internamente sia esternamente. L’unica soluzione per impedire ulteriori disagi sarebbe stata quella di rimuovere il nido con i suoi abitanti. Ma la padrona di casa, dopo aver contattato la Lipu, poi l’Enpa, poi ancora la Provincia, ha scoperto che la rimozione è al momento impossibile. Perché il gabbiano reale è una specie protetta dalla legge nazionale 157/92: eliminare il nido, soprattutto ora con la presenza dei piccoli, è severamente vietato.
Così per Alice è iniziata una convivenza forzata con i pennuti che, lungi dall’essere intimoriti dalla razza umana, hanno riservato un’accoglienza a suon di decise beccate a tutti i curiosi che, dall’abbaino, hanno cercato di avvicinarsi al nido. I genitori, si sa, proteggono i loro piccoli, ma a sue spese Alice ha anche scoperto che, nonostante in dialetto il gabbiano si definisca “cocal”, che significa anche stupido, questi animali sono assai arguti: lungi dal lasciarsi intimorire da presenze umane, hanno scelto con attenzione la propria dimora, una villa storica dotata di ampio giardino, e hanno nidificato in una zona del tetto che, grazie a un possente camino, li protegge dalle intemperie, bora inclusa. In più fanno buona guardia ai piccoli: se mamma si allontana papà resta nel nido e viceversa.
«Dalla Lipu di Cesenatico, città che coi gabbiani ha ingaggiato una lotta senza quartiere, pur se con le mani legate a causa della legge che li tutela, mi hanno elencato tutti i tentativi messi in atto per allontanarli dal centro abitato: dal posizionamento di reti e aghi sui tetti ai dissuasori acustici, che emettono suoni di predatori», racconta la padrona di casa. Ma nemmeno lì la soluzione si è trovata, perché gli scaltri pennuti non si sono fatti ingannare da siffatti mezzucci, proseguendo indisturbati la colonizzazione dei tetti. Il Comune di Cesenatico non ha potuto fare altro che studiare un protocollo con le istituzioni locali e preparare un vademecum per i cittadini dall’emblematico titolo “Come convivere con i gabbiani”. Il Comune di Trieste è stato invece autorizzato a forare le uova ma l’intervento è molto costoso e non definitivo. E va ovviamente operato per tempo, prima che le uova si schiudano.
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