Il “testamento” del gioielliere omicida-suicida
MARANO. Da qualche tempo pensava “al dopo”. Voleva lasciare il casone al Comune di Marano Lagunare. Voleva donare la casa a un cugino. Era questo il “testamento”, allo stato solo verbale, dell’omicida-suicida Angelo Brocchetta, che aveva manifestato quelle che sarebbero state le sue ultime volontà rispetto alle due cose, le due proprietà, a cui, forse, teneva di più: il casone e l’abitazione di via Savorgnan. Due beni da destinare a chi riteneva degno di averle, cioè il Comune nel quale era nato e un cugino a cui era probabilmente particolarmente legato. Tutto questo emerge oggi, e dopo quanto accaduto a Piancada induce a pensare che il gioielliere avesse pianificato sia l’omicidio del finanziere Franco “Jonny” Pavan che il proprio suicidio. Ciò in relazione anche ad altre azioni compiute in queste ultime settimane. Aveva venduto l’auto, una Volvo W 40 station wagon e chiuso il negozio di gioielleria di Latisana, “Orogemma”, a fine anno.
A Marano c’è chi lo dice sottovoce: «Aveva premeditato quello che poi ha fatto». E sono pronti ad avanzare ipotesi su cosa lo abbia spinto a compiere quel gesto: la paura del carcere. Una paura, sono convinti, nata in relazione al fatto di non voler (o poter) far fronte a quanto stabilito dal giudice che lo aveva condannato al pagamento di 18 mila euro, disposizione arrivata nel secondo grado di giudizio con la conferma della condanna per abusi sessuali, da consegnare alla vittima, un parente di Pavan. Condanna contro cui aveva fatto ricorso in Cassazione, ma sul cui risultato nutriva, probabilmente, qualche dubbio. Dunque Brocchetta aveva manifestato l’intenzione di lasciare il casone solitario di zona “Fofolo” al Comune. Lo aveva confidato ad alcuni conoscenti maranesi raccontando che si era recato all’ufficio tecnico del Comune prima delle festività natalizie, proprio per «mettere a posto le cose».
Il sindaco Devis Formentin, che lo aveva incontrato nel corso di una riunione della Compagnia dei casoneri, alle quali Brocchetta partecipava da qualche tempo, conferma di aver avuto questo sentore, ma di non averne mai approfondito la cosa. Questi conoscenti, che evidenziano come il gioielliere non avesse amici veri a Marano, sostengono anche che avesse manifestato l’intenzione di lasciare la propria casa a un cugino, «caso mai dovessi andare via», ma senza precisare dove volesse recarsi, quando e senza mai nominare i figli. Un comportamento che aveva molto stupito le persone con le quali aveva parlato. Uno di questi conoscenti ricorda il suo incontro con Brocchetta proprio in occasione della sua visita agli uffici comunali. «Era elegante, come sempre, con il suo portamento signorile, mi ha fermato e mi ha dato la mano. Erano anni che non lo vedevo. Gli ho chiesto come andava. Lui non mi ha risposto ma ha detto che era stato negli uffici comunali perché voleva sistemare la sue proprietà. Mi ha riferito che nel caso in cui fosse dovuto andare via, avrebbe lasciato tutto a posto. Mi ha anche detto che il casone sarebbe andato al Comune, ma la casa no: l’avrebbe lasciata al cugino che vive a Marano. Nulla mi ha detto in merito al bar che ha affittato in via Sinodo. Mi ha molto stupito che non abbia nominato i figli, ma non ho toccato l’argomento in quanto, da quello che lo conoscevo, sapevo che era uno che non amava che ci si interessasse dei suoi affari». Anche i casoneri lo ricordano presente alle riunioni con cui la Compagnia sta cercando di normare le motte e i casoni, ma alla notizia dell’omicidio-suicidio hanno commentato che «era un uomo dal carattere difficile».
Ora sarà l’autopsia disposta dalla Procura sui corpi di Brocchetta e Pavan a fare chiarezza sulla tragedia di Palazzolo scatenata da una condanna a 8 anni e dal pignoramento per far fronte alle spese processuali. L’incarico è stato affidato al medico legale, Carlo Moreschi, e sarà eseguito lunedì.
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