Il Tesoro del Duomo di Gorizia si svela alla città: la Capitale della cultura punta sui percorsi religiosi

Inaugurato il nuovo allestimento formato da 34 pezzi sacri. Don Nicola: «Il territorio recuperi le sue radici cristiane»

Francesco Fain
Visitatori ammirano i tesori custoditi nelle teche (foto Bumbaca)
Visitatori ammirano i tesori custoditi nelle teche (foto Bumbaca)

Non è un caso che l’esposizione permanente del Tesoro della Cattedrale, peraltro splendida, si sia aperta oggi, 28 novembre: si celebra infatti l’anniversario della sua dedicazione (e tra i presenti c’era anche l’assessore regionale Callari), la riconsacrazione della chiesa avvenuta nel 1942 da parte dell’allora arcivescovo Carlo Margotti, dopo il rifacimento per i danni causati dalla Grande Guerra.

Ma quel che più conta è questo nuovo allestimento che apre le porte a un autentico percorso sacro transfrontaliero: in altre parole, la Capitale europea della Cultura permetterà di valorizzare le bellezze del territorio legate al mondo religioso.

Anche perché, dal secondo semestre dell’anno prossimo al primo del 2026, il Museo di Santa Chiara ospiterà una mostra sul Tesoro del Patriarcato.

Ed «è un bene che Go! 2025 faccia riferimenti alle radici cristiane, aquileiesi di quest’area e che questi itinerari ne consentano un recupero» racconta don Nicola Ban, responsabile dell’Unità pastorale Porta Aperta. Oltre a Santa Chiara, le sedi dell’iniziativa saranno il monastero di Castagnavizza e il Palazzo Meizlik di Aquileia.

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Parte del tesoro di Gorizia

A dirla tutta, l’idea dell’allestimento che, intanto, si è inaugurato non è recente: «Già in occasione del restauro della Cattedrale, quando era parroco don Sinuhe, si era cominciato a pensare di esporne il Tesoro, ma si è dovuta attendere una serie di convergenze legate all’ottenimento dei contributi che, finalmente, sono giunti grazie alla Regione e all’8 per mille della Chiesa cattolica» aggiunge il sacerdote.

Da ora, lo si può ammirare i sabati e le domeniche dalle 15 alle 17 con ingresso libero, «ma le offerte dei fedeli, in futuro, permetteranno di restaurare altri beni del Tesoro – anticipa don Nicola – e, quindi, di mettere in mostra altri suoi pezzi come dipinti e aste processionali».

Al momento, in tutto sono 34 e, più nel dettaglio, sul matroneo di destra è possibile vedere reliquie e reliquiari dei Santi di Aquileia fino ad arrivare a quelle di più recenti esponenti del mondo clericale.

Per far qualche esempio, ci sono le reliquie dei Santi Ilario e Taziano, Ermagora e Fortunato, ma anche di San Vito, che nel 1751 divenne il dedicatario della Cattedrale, prima del ritorno alla dedicazione originaria ai patroni della città. In una parte più interna dello stesso matroneo, sopra la Cappella di Sant’Acazio, è poi presente una serie di busti reliquiari legati alla Chiesa di Aquileia, accanto a una dotazione di materiale liturgico di cui è stata fornita l’Arcidiocesi quando si è insediato il primo arcivescovo di Gorizia, Carlo Michele d’Attems.

Ecco che troviamo alcuni doni degli Stati provinciali (come un pastorale donato all’arcivescovo Attems con il ricciolo che presenta la figura di San Vito) assieme a qualche oggetto del lascito teresiano risalente alla nascita dell’Arcidiocesi. Tra quest’ultimi, rientrano paramenti che spiccano nella pala d’altare di Giuseppe Tominz, in fondo all’abside della Cattedrale.

E, ancora, sempre alla donazione della sovrana si riconducono candelieri, un ostensorio e un calice con le ampolline, sempre con lo stemma della Casa d’Austria, l’anno 1751 (la data del lascito e dell’istituzione dell’Arcidiocesi), le iniziali dell’imperatrice.

«A tutti gli effetti, è un nuovo allestimento di un Tesoro che, di recente, era rimasto nascosto – conclude don Nicola – mentre fino agli anni Cinquanta era collocato nella cappella di Sant’Anna, interna al Duomo, e utilizzato per le funzioni liturgiche (anche se un furto, nel 1956, ne ha sottratto una parte). In ogni caso, alcuni busti venivano esposti in epoca attuale, in occasione delle solennità, ma è grazie a questo allestimento che li si potrà vedere in maniera organica e permanente».—

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