Il teatrino di Palazzo Grassi rinasce minimal

VENEZIA. Nessuno ci scommetteva più sulla rinascita del teatrino di Palazzo Grassi, impegno preso da François Pinault quando acquistò il celebre centro espositivo e poi ‘conquistò’ gli spazi di Punta della Dogana a Venezia. Eppure da un mese a questa parte – dopo il rifacimento ad opera dell’architetto Tadao Ando - ha riaperto i battenti quasi in silenzio senza cerimonie ufficiali, senza luci della ribalta, forse ad evitare l’impatto con la città che lo ricordava molto diverso e forse sperava in un “com’era dov’era” stile rinascita della Fenice.
Nato nella seconda metà dell’800 come giardino di palazzo anche per ospitare tra fontane, colonne e pergolati in stile romanico piccoli intrattenimenti privati, fu trasformato in vero e proprio teatro all’aperto nel 1949 dopo che Franco Marinotti, patron della multinazionale italiana Snia Viscosa nonchè noto playboy, acquistò Palazzo Grassi per costituire il Centro internazionale delle arti e del costume. Solo nel 1961 il Teatro fu completato con la costruzione di una copertura mobile per ospitare ricevimenti, sfilate, rappresentazioni artistiche e teatrali. Sebbene già alla fine degli anni ’70 con l’acquisto da parte degli Agnelli e la nascita del Centro di cultura di Palazzo Grassi il teatro abbia chiuso le proprie attività e sia precipitato progressivamente in uno stato di completo abbandono, i veneziani – perlomeno quelli con qualche anno in più – ricordano ancora molto bene le grandi gradinate e le coperture metalliche anni ‘60.
Così la nuova versione immaginata dall’architetto giapponese ha già provocato i primi sussulti in una città dove nulla in genere si può toccare né cambiare. Di ciò che era il celebre teatrino infatti sono rimasti solo i muri perimetrali risalenti a metà ‘800, l’interno è una totale novità sotto ogni punto di vista: un parallelepipedo di 1.000 mq. dove Tadao Ando ha riformulato secondo il suo stile volumi, luci e geometrie. Varcata la soglia antica si è catapultati in una dimensione ultra-moderna sebbene quasi atemporale, in cui gigantesche superfici lucide e piane, lucernai asimmetrici, tagli triangolari e volumi stereometrici ridisegnano spazi e movimenti in chiave minimalista e accolgono il visitatore in una sorta di ‘onda’ di cemento e marmorino grigio-chiaro quasi senza soluzione di continuità. «Un volume completamente nuovo – spiega il direttore di Palazzo Grassi Martin Bethenod - che definisce il vero e proprio ambito teatrale e di proiezione e al tempo stesso sagoma architettonicamente lo spazio, identificandolo come un’opera nuova capace di confrontarsi con il contesto storico e di declinarsi attraverso i ritmi di una narrazione».
Sicuramente d’impatto il grande foyer, destinato ad ospitare incontri, conferenze, laboratori, piccoli concerti e performance, che nella ‘narrazione architettonica’ precede un algido ma super-tecnologico auditorium con 225 posti a sedere, schermo di 11 mt., sala regia, cabine di traduzione simultanea, impianto di diffusione acustica super-professionale e palco allargabile e smontabile come le prime 5 file della platea.
La programmazione prevista per i primi 6 mesi di vita del nuovo teatrino sarà una sorta di test per i palinsesti futuri che vanno nella direzione di una fitta collaborazione con i principali centri di produzione culturale, artistica e cinematografica d’arte e verso un’apertura alla città sottolineata anche dalla gratuità degli ingressi.
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