Il Tar sospende l’ordinanza Fedriga e fa riaprire le scuole superiori: gli istituti ora dovranno organizzare la ripresa delle lezioni in presenza

Accolto il ricorso di un gruppo di genitori udinesi. Il presidente della Regione sconcertato: «Abbiamo seguito le indicazioni del Comitato scientifico»

TRIESTE. Sospesa l’ordinanza firmata dal presidente della Regione Massimiliano Fedriga che dispone la didattica a distanza per le scuole secondarie di secondo grado fino al 31 gennaio: gli istituti si dovranno organizzare per la ripresa delle lezioni in presenza. A deciderlo è stato il Tribunale amministrativo regionale – sulla scia di quanto già accaduto in Lombardia e in Emilia Romagna –, accogliendo il ricorso presentato da una dozzina di genitori contro la Regione, sottolineando la negativa incidenza della Dad sulla salute psico-fisica dei ragazzi e sull’apprendimento scolastico.

Il provvedimento del presidente del Tar Oria Settesoldi ha disposto anche il dimezzamento dei termini processuali, a seguito dell’istanza presentata dall’avvocato Filippo Pesce, che rappresenta il gruppo di genitori. Una decisione, quella del Tar, che sconcerta il presidente della Regione, il quale sta pensando a come correre ai ripari: avvocatura e segretariato generale sono già al lavoro per trovare una soluzione.

«Abbiamo seguito le indicazioni del comitato scientifico che ha spinto per la Dad - chiarisce Fedriga -, pensiamo a salvaguardare la salute di tutti e ad evitare la saturazione degli ospedali. Lo studio dell’Istituto superiore di sanità e Inail ha sottolineato come, nel mese di dicembre, la fascia di popolazione più colpita è stata quella tra i 10 e i 19 anni, con maggior incidenza sugli over 14».

«Dalla comunità medica abbiamo ricevuto raccomandazioni per ridurre la pressione ospedaliera. Non sono cose – gli fa eco il vicegovernatore con delega alla Salute Riccardo Riccardi – che ci siamo inventati. Gli indicatori vedono nei ragazzi un veicolo di trasmissione elevato, determinato dalla mobilità che si riflette sull’aumento dei contagi. Noi siamo i primi a volere le scuola aperte, ma in condizioni di sicurezza».

Per l’assessore regionale all’Istruzione Alessia Rosolen «non si può gestire una situazione di pandemia mondiale con sentenze dei giudici amministrativi che richiamano in maniera puntuale principi garantiti dalla costituzione. Lo Stato, a questo punto, deve intervenire». Rosolen precisa che i piani per i trasporti scolastici, sottoscritti dai prefetti, «erano pronti già il 4 gennaio, ma abbiamo preferito non far aprire le scuole per i dati sui contagi».

Il ricorso contro la Regione per l’annullamento dell’ordinanza del 4 gennaio scorso – che imponeva alle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado di svolgere l’attività didattica tramite il ricorso alla didattica digitale al 100 per cento fino al 31 gennaio – è stato presentato da genitori di diversi istituti superiori udinesi. «L’ordinanza - sottolinea l’avvocato Pesce - è decaduta e ora le amministrazioni scolastiche dovranno organizzarsi per riaprire le classi, coordinandosi anche con il nuovo Dpcm. In ogni caso la didattica sarà prevista al 50 per cento, come stabilito dalla normativa nazionale».

Il Tar ha fissato per il 27 gennaio la camera di consiglio per la trattazione collegiale del ricorso. Secondo il legale, il Tar ha dato «la giusta rilevanza alle conseguenze psicofisiche della salute dei ragazzi, compromessa dall’impossibilità di intrattenere le normali relazioni sociali tipiche di quell’età e che subiscono un trattamento diverso e più dannoso - conclude - rispetto ai giovani di pari età residenti in altre regioni con dati statistici non significativamente diversi o peggiori».

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