Il “tacco sospeso” lanciato da Diego, il calzolaio di Trieste che ripara le scarpe di chi è in difficoltà

La bottega dell’artigiano Degrassi, in via San Cilino, raccoglie donazioni utili a sostenere gli interventi a favore di quanti non possono pagarseli
Diego Degrassi all’opera all’interno della sua bottega artigianale. (Foto di Andrea Lasorte)
Diego Degrassi all’opera all’interno della sua bottega artigianale. (Foto di Andrea Lasorte)

TRIESTE. Nessuno deve restare scalzo, a tutti va garantita la dignità che passa anche attraverso un paio di scarpe in ordine. È questa la convinzione che anima Diego Degrassi, l’ormai storico calzolaio di San Giovanni che da 32 anni in quel rione aggiusta tomaie e suole, e che ha deciso di lanciare a Trieste l’iniziativa del “tacco sospeso”.

«Chi può, lascia qualche euro utile a rifare i tacchi e a sistemare le scarpe di chi non ha la possibilità economica di farlo», propone. E così, da venerdì scorso, ha esposto sulla porta della sua bottega di via San Cilino un cartello. Poche righe scritte con la semplicità di chi è mosso da grande umanità: «Per le persone meno fortunate partecipa al tacco sospeso», si legge.

L’iniziativa è stata colta con entusiasmo dai clienti, e un tam tam sui social media ha consentito all’invito di Diego di travalicare i confini del rione. «In poche ore – riferisce il quarantottenne – a suon di uno, due euro ne ho raccolti 55, utili a sistemare tanti tacchi, e venerdì pomeriggio una persona in evidente stato di povertà è venuta a chiedermi se potevo ripararle le scarpe rotte».

L’idea a Diego è scaturita dopo che pochi giorni fa un cliente gli aveva fatto leggere di un’iniziativa simile avanzata da un collega calzolaio lombardo. Un gesto concreto di sostegno alla comunità. «Ho iniziato a fare il calzolaio a 16 anni – racconta –. Avevo studiato per diventare elettricista impiantista, ma poi venendo in questa bottega, dal precedente proprietario, a ritirare le scarpe riparate di mia nonna, ho saputo che cercavano un aiuto, e così ho iniziato». La sua generosità e la sua sensibilità sono note. Ogni anno raccoglie tutte le scarpe che la gente per mille motivi non ritira più nella sua bottega, le sistema e le dona. «Anni fa ne ho riempito un furgone – ricorda –. Per un periodo le davo ad una persona che le portava in Serbia, ma ora le dono alla Caritas». Non solo: «Quando vedo i migranti scendere da via Damiano Chiesa, dopo che hanno attraversato i boschi per raggiungere il centro città – rivela –, vado loro incontro: alcuni sono scalzi, o hanno scarpe distrutte, e così io porto loro quelle abbandonate nel mio laboratorio da anni e che sistemate consentono almeno di camminare protetti».

«Se non ci diamo una mano l’un l’altro – aggiunge –, specialmente in questo momento così difficile, la civiltà è fallita. Essere umani significa comprendere le esigenze degli altri e mettersi a disposizione». Riparare una scarpa, dai calcoli di Diego, ha un costo dai 5 euro in su. Basta una donazione di pochi euro, dunque, che il calzolaio si annota sul suo block-notes, per dare un aiuto. «Lancio un appello a tutti i colleghi artigiani e commercianti, che offrono servizi o vendono articoli che possono rivelarsi essenziali per chi vive in povertà – dice Degrassi –, affinché propongano ai loro clienti iniziative simili, capaci di raccogliere la generosità che Trieste ha saputo più volte dimostrare». —


 

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