Il “tacco sospeso” lanciato da Diego, il calzolaio di Trieste che ripara le scarpe di chi è in difficoltà

TRIESTE. Nessuno deve restare scalzo, a tutti va garantita la dignità che passa anche attraverso un paio di scarpe in ordine. È questa la convinzione che anima Diego Degrassi, l’ormai storico calzolaio di San Giovanni che da 32 anni in quel rione aggiusta tomaie e suole, e che ha deciso di lanciare a Trieste l’iniziativa del “tacco sospeso”.
«Chi può, lascia qualche euro utile a rifare i tacchi e a sistemare le scarpe di chi non ha la possibilità economica di farlo», propone. E così, da venerdì scorso, ha esposto sulla porta della sua bottega di via San Cilino un cartello. Poche righe scritte con la semplicità di chi è mosso da grande umanità: «Per le persone meno fortunate partecipa al tacco sospeso», si legge.
L’iniziativa è stata colta con entusiasmo dai clienti, e un tam tam sui social media ha consentito all’invito di Diego di travalicare i confini del rione. «In poche ore – riferisce il quarantottenne – a suon di uno, due euro ne ho raccolti 55, utili a sistemare tanti tacchi, e venerdì pomeriggio una persona in evidente stato di povertà è venuta a chiedermi se potevo ripararle le scarpe rotte».
L’idea a Diego è scaturita dopo che pochi giorni fa un cliente gli aveva fatto leggere di un’iniziativa simile avanzata da un collega calzolaio lombardo. Un gesto concreto di sostegno alla comunità. «Ho iniziato a fare il calzolaio a 16 anni – racconta –. Avevo studiato per diventare elettricista impiantista, ma poi venendo in questa bottega, dal precedente proprietario, a ritirare le scarpe riparate di mia nonna, ho saputo che cercavano un aiuto, e così ho iniziato». La sua generosità e la sua sensibilità sono note. Ogni anno raccoglie tutte le scarpe che la gente per mille motivi non ritira più nella sua bottega, le sistema e le dona. «Anni fa ne ho riempito un furgone – ricorda –. Per un periodo le davo ad una persona che le portava in Serbia, ma ora le dono alla Caritas». Non solo: «Quando vedo i migranti scendere da via Damiano Chiesa, dopo che hanno attraversato i boschi per raggiungere il centro città – rivela –, vado loro incontro: alcuni sono scalzi, o hanno scarpe distrutte, e così io porto loro quelle abbandonate nel mio laboratorio da anni e che sistemate consentono almeno di camminare protetti».
«Se non ci diamo una mano l’un l’altro – aggiunge –, specialmente in questo momento così difficile, la civiltà è fallita. Essere umani significa comprendere le esigenze degli altri e mettersi a disposizione». Riparare una scarpa, dai calcoli di Diego, ha un costo dai 5 euro in su. Basta una donazione di pochi euro, dunque, che il calzolaio si annota sul suo block-notes, per dare un aiuto. «Lancio un appello a tutti i colleghi artigiani e commercianti, che offrono servizi o vendono articoli che possono rivelarsi essenziali per chi vive in povertà – dice Degrassi –, affinché propongano ai loro clienti iniziative simili, capaci di raccogliere la generosità che Trieste ha saputo più volte dimostrare». —
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