Il superporto nasce dai ritardi sul Molo VII
Ma la città dei cantieri non vuole correre il rischio di essere colonizzata
di Silvio Maranzana
di Silvio Maranzana
È stata probabilmente l’incertezza sui tempi per giungere al raddoppio del Molo Settimo ad aver indirizzato Pierluigi Maneschi verso l’acquisto dell’ex Compagnia portuale di Monfalcone con lo scopo di giungere così a una sorta di parziale delocalizzazione del traffico di container la cui crescita sta diventando sempre più evidente. Forse bisognerà attendere ancora più di una settimana, allorché lo stesso Maneschi sarà a Trieste di ritorno da Taipei, perché vengano poste le firme sotto il contratto di compravendita, e solo a quel punto saranno più chiari i motivi e i contorni dell’operazione.
La Compagnia monfalconese, oggi una società, è proprietà di oltre quaranta soci storici molto vicini all’età del pensionamento, ma conta anche una sessantina di dipendenti, ha recentemente rinnovato il proprio parco attrezzature e movimenta dall’80 al 90 per cento dei traffici a Portorosega. Mettere le mani sulla proprietà della Compagnia equivale sostanzialmente a gestire il terminal.
«Noi fin d’ora saremmo in grado di movimentare un certo quantitativo di container - dichiara Sergio Signore direttore dell’Azienda speciale per il porto di Monfalcone - ma il nuovo piano regolatore dello scalo che è già al vaglio del Ministero dell’Ambiente per la valutazione d’impatto ambientale, prevede un prolungamento della banchina di 660 metri». Le superportacontainer a Monfalcone non entreranno mai, ma i feeder sì e gli iter messi a raffronto, mettono Trieste in condizioni di svantaggio poiché gli uffici dell’Authority stanno appena ora redigendo il nuovo Piano regolatore che dovrà poi acquisire tutte le autorizzazioni a partire dalla Valutazione d’impatto ambientale. Tanto che recentemente il sottosegretario Roberto Menia ha ventilato la possibilità di predisporre una variante per accorciare tempi comunque lunghi.
«Un anno per l’iter burocratico e due per i lavori», aveva ipotizzato Maneschi già alcuni mesi fa facendo sapere che la To Delta proprietaria di Tmt era disposta a sborsare 80 milioni di euro. Più recentemente ha anche annunciato che il progetto per il raddoppio era pronto ma poi non l’ha mai presentato tanto che nell’ultima seduta del Comitato portuale il presidente dell’Autorità portuale Claudio Boniciolli ha sollecitato Maurizio Salce, advisor di Maneschi, in tal senso.
Boniciolli non considera negativamente l’operazione. «Trieste e Monfalcone storicamente hanno lavorato assieme anche se di recente si è tentato di tenerli distanti - afferma - forse adesso però siamo alla vigilia di un’inversione di tendenza». I privati starebbero dunque anticipando i tempi delle nuove normative pubbliche. In fondo al percorso è logico che Trieste aspiri a essere sede di un’Autorità portuale che abbia giurisdizione anche su Monfalcone e su Porto Nogaro. In un paio di casi già porti regionali italiani si sono uniti sotto un’unica Authority, e ora che la legge sui porti numero 84 del 1994 è in via di revisione tutta la materia tornerà in discussione.
Una cappa di segretezza è nel frattempo calata sui nomi dei soci che starebbero seguendo Maneschi in questa avventura. L’unica voce trapelata ieri, senza che però sia possibile alcuna verifica, è quella di Marcellino Gavio che guida il secondo gruppo autostradale italiano e che recentemente tramite una delle sue aziende logistiche, la Logstar, ha acquistato a Trieste il Terminal frutta, guardacaso dalla Compagnia portuale di Trieste.
Il nuovo quadro della logistica in Friuli Venezia Giulia rischia intanto di emarginare il Terminal intermodale di Fernetti di cui l’Autorità portuale di Trieste non riesce ad acquisire il controllo a causa di un progetto strategico diverso da parte della Camera di commercio. Il nuovo asse portante tenderebbe infatti a collegare Trieste con Monfalcone e con l’interporto di Cervignano dove lo stesso Maneschi detiene il 60 per cento della società di gestione.
In un modo o nell’altro però il superporto regionale comincia a prender forma in una nuova sinergia tutta italiana auspicata anche dall’assessore regionale ai Trasporti Riccardo Riccardi. Sono stati agenti marittimi di tutto il Friuli Venezia a coalizzarsi anche per contrastare le mire della società di cui il porto di Capodistria detiene il 48 per cento sull’ex Scalo Legnami di Trieste da trasformare in un moderno terminal multipurpose. Le due proposte alternative però non giungeranno all’attenzione del Comitato portuale, che dovrà scegliere, prima della seduta del settembre prossimo.
Per tutti i progetti è necessario far presto per fare adeguatamente fronte alla crescita dei traffici testimoniata anche dai dati del mese di maggio e dei primi cinque mesi dell’anno nel complesso diffusi proprio ieri dall’Authority. Come si evince parzialmente anche dal grafico lo scalo triestino ha chiuso il bilancio 1 gennaio-31 maggio con un incremento di oltre un milione e 200 mila tonnellate (pari al 6,4 per cento in più) rispetto ai primi cinque mesi del 2007. Sono state infatti sbarcate e imbarcate quasi 20 milioni e mezzo di tonnellate di merci.
Recupera alla grande anche il settore petrolio con una crescita del 9,6 per cento degli sbarchi di greggio rispetto a un anno fa, ma a fare da battistrada è proprio il settore container. Il movimento mensile ha raggiunto i 33 mila teu. Nell’arco dei cinque mesi l’incremento rasenta il 38 per cento. Il mantenimento dell’attuale trend potrebbe consentire di raggiungere i 350 mila teu alla fine dell’anno e di superare i 400 mila nel 2009. A quota 700 mila teu il Molo Settimo risulterà completamente saturato e non più in grado di reggere i ritmi di crescita. Comprensibilmente quel giorno arriverrà quando il raddoppio del Molo Settimo non sarà ancora completato. Alla luce di questi dati l’operazione avviata da Maneschi potrebbe risultare ancora più facilmente comprensibile.
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