Il suicidio del parroco accusato di pedofilia: in due lettere la confessione
Un unico episodio, una ferita che non si è mai rimarginata: l’incubo di una storia vecchia di oltre una dozzina di anni fa. Un terribile fantasma che si è, all’improvviso, materializzato nella mente di don Maks Suard. È successo quando una donna, all’epoca una ragazzina di 13 anni, si è rivolta alla Curia raccontando, in una lettera, le carezze proibite e quindi le molestie dell’allora giovane prete.
La tragedia del parroco di Santa Croce che si è impiccato l’altro pomeriggio a una trave del sottotetto della canonica, poco prima che arrivasse il vescovo Giampaolo Crepaldi, è scaturita proprio da quella storia antica, apparentemente dimenticata e forse superficialmente rimossa, ma mai cancellata dalla mente.
Don Maks si è ucciso in una stanza utilizzata come ripostiglio di vecchi arredi sacri al terzo piano della canonica della parrocchia di Santa Croce. Un posto isolato dove nessuno lo avrebbe cercato. Lontano da tutti. Ha spiegato il suo estremo gesto in due lettere lasciate su un tavolo impolverato. Sconvolto ha usato la parola “macigno” per indicare il peso insostenibile che gli era caduto sulla testa diciassette anni dopo quella storia. Una lettera “di dimissioni” e di perdono cristiano alla Chiesa e a quella donna in cui ammette l’errore avvenuto quando aveva trent’anni, è indirizzata al vescovo Crepaldi che, dopo aver ricevuto la denuncia della donna, nelle scorse settimane aveva attivato un’inchiesta a carico del sacerdote accusato di una colpa terribile: pedofilia. Già sabato scorso in un incontro con il vescovo il sacerdote aveva ammesso le proprie responsabilità che implicano come primo atto, per la legge canonica, la sua rimozione da ogni incarico pastorale e l'invio del dossier alla Santa Sede quale organo competente per questo genere di delitti. Il parroco aveva 48 ore di tempo per prendere una decisione. Avrebbe dovuto comunicarla l’altro pomeriggio al vescovo che poi lo ha trovato morto impiccato.
Nella lettera indirizzata al vescovo, don Maks scrive anche direttamente ed esplicitamente di quella ragazzina che, ricorda, allora «era una giovane donna». Non si giustifica chiede e ripete “perdono”, ma tenta una sorta di spiegazione. L’altra lettera del sacerdote è rivolta ai familiari: è il drammatico testamento morale di un prete che ha scelto di infliggersi una estrema punizione per un antico errore che era finito in un angolo della sua mente ma non era mai stato cancellato.
Presto sarebbe anche scattata un’inchiesta penale. Ma don Maks Suard non sapeva e non poteva sapere perché non aveva ricevuto alcuna comunicazione ufficiale che il suo nome era stato iscritto da qualche giorno nel registro degli indagati della Procura proprio per quell’episodio della ragazzina.
La vittima, infatti, dopo aver segnalato alla Curia la sconvolgente vicenda, da quanto appreso, avrebbe atteso qualche giorno e poi si è rivolta ai carabinieri di una stazione dell’Altipiano dove ha sporto denuncia contro il sacerdote parroco di Santa Croce. La denuncia - in cui si raccontano le carezze del prete - come è prassi in questi casi, poi è giunta in Procura e il fascicolo è stato affidato al pm Pietro Montrone.
L’allarme, come detto, lo ha dato il vescovo che è giunto verso le 16.30 di lunedì alla canonica della chiesa di Santa Croce. La porta era chiusa così monsignor Crepaldi, dopo aver telefonato invano più volte, ha chiamato il sacrestano che aveva le chiavi. Con lui poi è salito per le scale fino al terzo piano. La porta del ripostiglio era socchiusa. L’ha aperta e ha visto corpo di don Maks. Sul tavolo vicino le due lettere. È arrivata la polizia e dopo il medico legale Fulvio Costantinides.
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