Il sistema regionale delle case di riposo costa ogni anno 90 milioni di euro
TRIESTE Novanta milioni all’anno per sostenere il sistema regionale delle case di riposo, ma anche l’impegno a far crescere l’assistenza domiciliare: l’inesorabile invecchiamento della popolazione non potrà essere affrontato moltiplicando le residenze per anziani e il ricovero in struttura dovrà anzi essere sempre più considerato come l’ultima ratio per accompagnare il tramonto dei grandi vecchi. Il Friuli Venezia Giulia è la decima regione in Europa per età della popolazione e si gioca ogni anno con la Liguria il primato di longevità in Italia. È allora tanto più urgente centrare gli obiettivi che la giunta Fedriga ha appena definito nel Piano triennale di supporto alla popolazione anziana fragile, che sarà approvato nelle prossime settimane e che riaccende i fari sulla riforma sanitaria da portare avanti.
Il Piano parla di assistenza domiciliare, servizi territoriali, telemedicina e riqualificazione delle case di riposo, ma buona parte dell’impegno economico si concentra sulle strutture per anziani non autosufficienti e sul sostegno alle famiglie per il pagamento delle rette. L’intento è di rafforzare in parallelo la cosiddetta domiciliarità, ovvero la possibilità di essere assistiti il più a lungo possibile a casa, grazie al supporto della sanità territoriale e dei servizi sociali dei Comuni. Il piano promette di rappresentare una «svolta organizzativa», da finanziare anche grazie all’iniezione straordinaria del Pnrr.
Gli assi principali sono la riorganizzazione della medicina d’iniziativa per andare incontro ai bisogni di salute dei residenti e non attendere che siano questi a portare dal medico al manifestarsi della patologia nella sua fase acuta. Serve maggiore coinvolgimento dei medici di famiglia e la strutturazione delle reti multidisciplinari di medici che seguono il soggetto: il Piano stesso riconosce il mancato decollo del sistema basato sul Punto unico di accesso per la presa in carico e la valutazione complessiva del paziente e delle sue cronicità. Si prevede ancora il rafforzamento del servizio infermieristico e riabilitativo prestato dai Distretti sanitari, strutturando anche grazie a nuove assunzioni la rete degli infermieri e dei fisioterapisti di comunità, che in Fvg ogni giorno devono seguire a domicilio più di 33 mila anziani non autosufficienti e aiutarli nella riabilitazione, per quanto possibile. Allo stesso tempo c’è da definire il ruolo e il peso nel sistema degli enti privati del terzo settore.
Il Friuli Venezia Giulia ha un sistema che funziona se paragonato ad altre zone del paese. Il Piano stima la presenza in regione di 37.849 anziani non autosufficienti con più di 65 anni, di cui 28.507 assistiti a domicilio, di cui 12.477 gravi. L’assistenza fra le mura di casa è predominante, ma servono investimenti su sanità territoriale e telemedicina per rispondere all’invecchiamento della popolazione e al cambiamento delle abitudini e dei luoghi di vita, che ha indebolito le reti parentali e reso più oneroso per le famiglie seguire i propri nonni. Un problema di grande rilevanza soprattutto in un contesto urbano come quello triestino, caratterizzato dalla forte incidenza di grandi anziani soli. La struttura della società invecchia. L’allungamento della speranza di vita è una buona notizia, che si affianca tuttavia alla necessità sempre più estesa di gestire patologie croniche e che oggi si arricchisce della variabile del tutto imprevista come la pandemia. La premessa del Piano parte dai rilievi della Corte dei conti, che sottolinea i «rischi insiti nel ritardo con cui ci si è mossi per rafforzare le strutture territoriali: se fino ad ora tali carenze si erano scaricate non senza problemi sulle famiglie, contando sulle risorse economiche private, tale carenza ha finito per rappresentare una debolezza anche dal punto di vista della difesa del sistema quando si è presentata una sfida nuova e sconosciuta», come il Covid, che ha colpito duro nelle case di riposo a causa della compresenza di tanti anziani.
Il Piano parte dalle residenze e prevede lo stanziamento per il 2021 di 56 milioni per la riduzione delle rette a carico delle famiglie e di altri 35, 4 milioni per supportare le spese per infermieri, personale dedicato alla riabilitazione, trasporti sanitari e gestione di rifiuti speciali. Le risorse servono a gestire l’esistente, ma le previsioni dicono che le necessità aumenteranno velocemente e che le case di riposo non possono bastare. Secondo gli estensori del Piano, ai 38 mila cittadini non autosufficienti di oggi si affiancano 44 mila anziani fragili, a rischio di perdere l’autosufficienza. Nel 2050 i non autosufficienti saranno 55 mila.
L’obiettivo di medio periodo è non far crescere a dismisura i 10 mila posti nelle residenze, bensì aumentare l’assistenza domiciliare. Allo scopo il Piano stanzia però 10 milioni in tre anni e altri 30 all’anno arrivano dal Fondo per l’autonomia possibile (destinato a circa 6 mila anziani): un terzo rispetto ai 270 milioni che assorbiranno le case di riposo in un triennio.
Nell’impegno triennale, il Piano di supporto alla popolazione anziana elenca 5 milioni per lo sviluppo della telemedicina, 1,6 milioni per il sostegno ai caregiver, 1,2 per l’abbattimento dei costi del cosiddetto Abitare possibile, 1,2 per interventi di presa in carico leggera dei fragili, 900 mila per finanziare le associazioni del terzo settore attive nell’assistenza e nella mobilità, 230 mila per iniziative sull’invecchiamento attivo e il contrasto della solitudine e 200 mila per formare operatori sociosanitari alle necessità dell’assistenza domiciliare.
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