Il sindaco: «Su Porto Vecchio chiamo Trieste a esprimersi»

Cosolini: non può essere la pietra tombale su Porto Vecchio l’area non è questione esclusiva di chi la amministra

Per Porto Vecchio inizia «una fase che Trieste è andata temendo in misura crescente nel corso dei mesi», via via che si appalesavano «le difficoltà ambientali di rapporto tra concessionari e Autorità portuale» ma anche quelle - pesanti - individuate nell’incertezza giuridica sul regime di punto franco. E certo, se in questa città il rischio è che di lavoro - e tanto - ce ne sia solo per gli avvocati, sarà «di scarsa consolazione» conoscere un domani dalla giustizia amministrativa e civile in quale misura le colpe saranno state ripartite. Tanto che a fronte della drastica posizione di Portocittà, il sindaco Roberto Cosolini rilancia con decisione: «Questa non può essere la pietra tombale su Porto Vecchio». Il Comune ha tutta l’intenzione di evitarlo e mette in campo una serie di azioni, oltre al «forte invito alle parti in causa» a trovare una soluzione («spero che l’atto di Portocittà non sia definitivo e che vi sia un recupero del rapporto» tra concessionari e Authority). Ma poi, il messaggio che arriva diretto è questo: se Porto Vecchio è un bene dello Stato e lo Stato è la comunità, allora «Porto Vecchio non torna a essere una questione esclusiva di chi lo amministra». Ovvero, non serve dirlo, dell’Authority. È una questione della città. E Cosolini chiama a raccolta «tutte le categorie economiche e sociali perché esprimano una posizione comune sul futuro dell’area». Sarà organizzato «un appuntamento aperto» alla cittadinanza - quella cittadinanza che in massima parte, lo ribadisce il sindaco, è per il riuso dell’area - «dedicato a rilanciare la prospettiva di Porto Vecchio quale volano di crescita e sviluppo». Una prospettiva da sottoporre poi ai candidati alla presidenza della Regione, perché dicano con chiarezza da che parte stanno.

In questi termini Cosolini fa il punto sulla vicenda. Una vicenda che paga lo scotto di più fattori. Innanzitutto come detto l’incertezza sul punto franco, ostacolo per gli investitori assommato al momento di forte crisi generale. Ed è una vicenda, quella del punto franco da spostare, su cui alle azioni avviate verso il governo dal prefetto con Comune e Provincia «altri enti hanno ritenuto di non unirsi: una mancanza di univocità che ha pesato». E se dietro queste parole pesa l’ombra dell’Authority, è anche vero però che «il bando e l’atto concessorio non prevedono spostamenti di punto franco». E che si sconta oggi il «vizio iniziale» di due visioni divergenti, quella di «portualità allargata» e quella di piena apertura delle aree alla città. Il tutto nell’ambito della mancanza di un «progetto strategico» che sin qui abbia visto definiti i pesi e il punto di equilibrio tra risorsa pubblica e privata.

Ma comunque, «siamo determinati a spazzare via l’immagine del “no se pol”», quell’immagine che Portocittà ha evocato persino per iscritto. E allora. Il Comune si impegnerà «nella ricerca di investitori per il territorio». Cosolini chiama al lavoro i parlamentari sulle soluzioni legislative in merito al punto franco, annotando come «importante il ruolo dei governi nazionale e regionale, ruolo fin qui mancato». E intanto la barra resta dritta su un punto: «fase nuova» per Porto Vecchio, non certo questione chiusa. La città è chiamata a rispondere.

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