Il siluro della Lega contro Riccardi
TRIESTE . La Lega esce allo scoperto e pone il veto sul nome di Riccardo Riccardi. Al tavolo delle trattative romane Massimiliano Fedriga apre alla possibilità che sia Forza Italia a guidare la coalizione in Friuli Venezia Giulia, ma chiede che gli azzurri costruiscano una terna da cui pescare un nome alternativo a quello che i berlusconiani vanno facendo ormai da un anno a questa parte. La notizia arriva dalla capitale ed esplode come una bomba in consiglio regionale: per una mezza giornata nei corridoi non si parla d’altro. Il nervosismo è alle stelle e i volti dei forzisti tesi come corde di violino.
La questione sarebbe emersa dopo il via libera di Forza Italia alla candidatura di Luca Ciriani nel collegio senatoriale di Udine-Pordenone, quando gli azzurri hanno legato l’ok alla proposta di discutere contestualmente il nodo della leadership per la Regione, avanzando il nome di Riccardi. Fedriga avrebbe messo a quel punto in discussione la capacità di traino del capogruppo berlusconiano ed evidenziato sondaggi che dimostrano la sua difficoltà a sfondare in quel di Trieste.
Il passo successivo del rappresentante del Carroccio è stata la richiesta di una terna di nomi alternativa in cui trovare il sostituto, pur rimanendo all’interno dell’area di Forza Italia. Una vera e propria scossa di terremoto nei già difficili equilibri dell’alleanza di centrodestra, dove cominciano ad emergere due diversi scenari. Il primo ipotizza che i berlusconiani accettino il diktat leghista e puntino sul terzetto composto da Sandra Savino, Stefano Balloch e Manuela Di Centa.
La coordinatrice regionale pare tuttavia indisponibile a una simile soluzione: da una parte la volontà di sostenere Riccardi lealmente fino all’ultimo; dall’altra il desiderio di ritagliarsi un posto nella prossima giunta regionale; senza dimenticare che Giulio Camber punta a farla tornare a Roma per tenere i rapporti con i vertici regionali. Tutta da valutare invece la posizione del sindaco di Cividale, che non si è dimesso per tempo dalla carica di primo cittadino (come richiede la legge elettorale regionale), che ha in mente anzitutto il parlamento e che non è ben visto dalle componenti locali del partito, a causa dei suoi rapporti diretti con Arcore e della decisione di far entrare il proprio Comune nell’Uti. Di Centa resta invece la solita incognita: silenzio assoluto sulla stampa e previsioni che la danno diretta verso il parlamento. Resta inoltre da capire se i berlusconiani intendano piegarsi alla volontà della Lega e molti protagonisti lo escludono e predicono anzi che Forza Italia porrà ora veti su tutte le candidature del Carroccio per il parlamento: sul fronte liste resta infatti tutto ancora aperto.
La sortita di Fedriga sembra porre più in generale a serio rischio la tenuta dell’alleanza, tanto più che le elezioni politiche potrebbero aprire la discussione sulle larghe intese, che metterebbe berlusconiani e salviniani su sponde opposte dal 5 marzo in poi. Bruno Marini (Fi), unico a parlare dei suoi, lascia poco spazio all’immaginazione: «Non accettiamo veti e reagiremo in maniera dura e compatta. Siamo davanti a una pratica ignobile sul piano umano prima che politico». Fedriga cerca di gettare acqua sul fuoco: «Non si è discusso di regionali, sono notizie senza fondamento. Allo stato attuale, la Lega propone il suo candidato e Forza Italia fa altrettanto».
Nella giornata in cui Fabio Rampelli (Fdi) fa un passo indietro nella partita del Lazio, con Stefano Parisi che spunta come nuovo nome di mediazione, in Friuli Venezia Giulia si comincia a parlare della possibilità di una discesa in campo del patriota Luca Ciriani come leader della coalizione ma, dopo quattro mandati in Regione, l’interessato preferisce Roma.
Ecco allora riprendere quota un’idea mai davvero tramontata nelle stanze del centrodestra: il ritorno in pista di Renzo Tondo, che potrebbe rappresentare una sufficiente garanzia per l’area moderata della coalizione e che potrebbe essere l’unico governatore a proporre a Riccardi la vicepresidenza, senza ricevere un secco rifiuto. In Autonomia responsabile ci stanno già pensando e un consigliere gongola: «Renzo alla guida della Regione con un ruolo di rappresentanza e Riccardo a fare il presidente ombra. Gli diamo tutte le deleghe, tranne lo sport. Anzi pure lo sport».
Meno quotata ma mai del tutto tramontata l’ipotesi Sergio Bini, che Fedriga ritiene un nome spendibile e più vicino rispetto a quello di Tondo: sulla partita aleggia infatti ancora una volta il nome dell’ex parlamentare Ferruccio Saro, vicino a Fedriga e decisamente lontano tanto da Riccardi quanto da Tondo. In caso di leadership non berlusconiana, Forza Italia farebbe il pieno di collegi, a cominciare da quello che Tondo potrebbe lasciare libero. Quest’ultimo è solleticato dall’idea del ritorno, tanto più che la corsa all’uninominale potrebbe vederlo schierato a Trieste contro Debora Serracchiani: e il carnico, per quanto figura di rilievo regionale e nazionale, avrebbe qualche argomento in meno rispetto alla presidente, che potrà vantare lo sblocco della stasi del porto, il lavoro sulle infrastrutture e il rafforzamento della proiezione della città verso i Balcani.
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