Il «sì» Arpa senza la firma del direttore scientifico
Caso cementificio. Perplessità sul parere: manca il visto di Menchini, in ferie, ma è stato siglato dal direttore generale Spogliarich. I vertici Ds si preparano a «processare» il capogruppo Travanut: domani la resa dei conti
TRIESTE La sua campagna è cominciata il 14 aprile, primo giorno del congresso regionale dei Ds. Ed è cominciata con un attacco al governatore Riccardo Illy chiamando in causa la logica e le sue radici aristoteliche. «Per il governatore quello di Torviscosa non è ”un” cementificio, ma ”il” cementificio» gridò dal palco della sala congressi della Fiera di Udine Mauro Travanut, capogruppo della Quercia in Consiglio regionale. Come a dire che il «mostro» da un milione e passa di tonnellate di clinker all’anno non si può fare se non nell’area, già contaminata, della Bassa friulana. Aristotele e soprattutto il suo territorio: queste sono le radici del due volte sindaco di Cervignano. E da queste caratteristiche è nata la sua battaglia.
Una battaglia quasi vinta nel merito. L’ipotesi al momento più probabile infatti è che il cementificio non si farà. Nonostante il parere non sfavorevole dell’Arpa, quello negativo espresso dall’Ass non può non avere un peso maggiore nella valutazione della giunta, tanto più che sul parere bis dell’Arpa non mancano perplessità. La firma sul parere non è infatti quella del direttore scientifico Gianni Menchini ma del direttore generale Giuliana Spogliarich. Menchini era in ferie. Data l’importanza del parere, un fatto che pare anomalo. E lo sottolinea lo stesso Travanut. «È strano che, dopo mia sollecitazione, la relazione dell’Agenzia per l’ambiente - afferma Travanut - non sia stata firmata dal direttore tecnico-scientifico Menchini, in ferie fino al 14, ma dal direttore generale Spogliarich. Comunque, aspetto di vedere l’atto». «Gli uffici devono analizzare a fondo le relazioni e costruire una delibera tecnicamente ineccepibile - conferma, intanto, il vicepresidente Moretton - e si prenderanno il tempo necessario».
Nell’attesa, però, Travanut deve vedersela con i colleghi di partito: in questa vicenda, nel metodo, ha di fatto messo tra parentesi il ruolo istituzionale di capogruppo. E questo non è stato digerito. Domani nella riunione di gruppo Ds ci si aspetta la resa dei conti. La conflittualità con l’assessore Sonego e con i pordenonesi Paolo Pupulin e Nevio Alzetta rischia di fondersi con l’insoddisfazione degli altri per come Travanut ha gestito, in modo poco omogeneo, il gruppo dei Ds. «So che sul cementificio, ma solo in questo caso, posso essere mancato in parte nelle mie funzioni di capogruppo» ha lasciato intendere in più occasioni l’ex sindaco di Cervignano. Un fatto quantomeno irrituale per chi milita in un partito cresciuto a pane e «centralismo democratico». E così domani in molti potrebbero chiedere la testa di Travanut: «Sono sereno, dal punto di vista morale non ho nulla da rimproverarmi. Accetterò tutte le decisioni che saranno prese dai miei colleghi». Del resto è probabile che il capogruppo abbia fatto i suoi calcoli: senza forzature non avrebbe vinto.
In mezzo alla frizione si collocano il presidente Alesandro Tesini e il segretario regionale Bruno Zvech. Il primo ha sponsorizzato la nomina di Travanut, nell’autunno scorso, a capogruppo. Il secondo, in quanto segretario, ha il compito di garantire l’equilibrio del partito. Sullo sfondo c’è il senso di responsabilità del partner più forte della maggioranza che deve peraltro affrontare nel programma del 2008 in modo chiaro il tema ambientale. E poi quali conseguenze potrebbe avere un’eventuale rimozione del capogruppo a meno di un anno dalla fine della legislatura? «All’ordine del giorno della riunione di gruppo non c’è la questione Travanut» minimizza Bruno Zvech. Ma domani qualcosa succederà. Perché nessuno intende sorvolare sul comportamento di Travanut, il «capogruppo-aristotelico» che viene dal popolo.
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