Il “Sì” al Rosatellum stoppa il dialogo tra Pd e ala sinistra
TRIESTE. Franco Belci non è rimasto solo a collegare gli strappi romani con il Pd sulla legge elettorale alle questioni regionali. Il presidente di Reset, coordinatore del movimento che unisce Furio Honsell e altri amministratori locali alla componente di Sel in Regione, lo ha lasciato intendere su Facebook. Mdp e Sinistra italiana lo dicono invece a chiare lettere: tra Roma e Trieste il comportamento dei dem «è in continuità». Un paio di giorni dopo il contatto tra Pd e Mdp, con la reciproca disponibilità a un incontro sulla piattaforma programmatica per il 2018, ecco quindi che arriva l’intoppo.
Carlo Pegorer usa parole molto chiare partendo dal via libera della Camera al Rosatellum. «L’idea secondo cui lo strappo politico compiuto dal Pd non avrebbe nessun riflesso nella nostra regione non sta in piedi», dichiara il senatore bersaniano. «Ciò che è avvenuto - aggiunge - è estremamente grave e segna un solco profondo tra chi immagina che le regole siano patrimonio di tutti e chi pensa di comandare a colpi di maggioranza. Uno stile confermato dallo stesso segretario del Pd che immagina una “coalizione” dove programma e leader siano già decisi da lui. Ben sapendo che con questo sistema si prepara ad andare al governo con la destra».
Conseguenze in Friuli Venezia Giulia? Praticamente certe, secondo Pegorer. «O l’alleanza si costruisce con il contributo di tutti, con scelte collettive su un programma di discontinuità e un candidato presidente che lo interpreti, o non potrà nascere. Si tratta di chiarire da subito che sul modo di intendere la democrazia e le regole il Friuli Venezia Giulia non è un mondo a parte ma sta subendo, al pari del resto d’Italia, una inaccettabile forzatura».
Una presa di posizione netta cui il Partito democratico regionale risponde con un breve comunicato siglato Antonella Grim, la segretaria, e Salvatore Spitaleri, il presidente. «La nostra disponibilità a costruire un centrosinistra unito non cambia», affermano Grim e Spitaleri senza entrare nel merito della questione legge elettorale. «Ci chiediamo cosa dovrebbe essere cambiato così radicalmente nel giro di 48 ore - proseguono -. Ostinatamente il Pd del Fvg proseguirà il percorso per un centrosinistra coeso per il futuro della nostra comunità regionale. Confidiamo che tutti siano consapevoli che la partita in gioco non riguarda destini personali, ma il futuro della Regione. Noi non mutiamo la nostra disponibilità».
A tornare alla carica, sempre su Facebook, è però anche Belci. Il Rosatellum, e pure il modo in cui ci si è arrivati, «è un ulteriore, grave strappo istituzionale che divide il Paese e la sinistra. Per una legge che non garantisce la governabilità, ripresenta i listini, consente le pluricandidature, in più collegi e nel proporzionale, non consente nei collegi il voto disgiunto, consente invece a chi è residente in Italia, ma poco presentabile, di candidarsi all'estero. L'obiettivo, unico e chiaro, è che i leader che hanno firmato vogliono scegliere loro i fedelissimi da paracadutare all’interno del Parlamento».
Honsell è più morbido di Belci, ma non condivide una legge elettorale approvata a ridosso del voto: «Cambiare le regole all’ultimo momento, con il rischio tra l’altro di incostituzionalità del sistema, non era senz’altro opportuno». L’auspicio, a cose fatte, «è che questa operazione, soprattutto per il fatto che le problematiche romane politico-amministrative sono distanti da quelle legate alla gestione di una Regione, non crei ulteriori attriti».
A replicare (nell’intervista a fianco) è Ettore Rosato. Molto deciso, il capogruppo dem, anche nell’escludere che il Pd abbia voluto fare un regalo a Denis Verdini: «Nessuna norma a suo favore, abbiamo solo consentito a tutti i cittadini italiani di potersi candidare anche all’estero. Non si capisce come questo possa avvantaggiare Verdini. Che non è stato un valore aggiunto per il Pd nel corso della legislatura, ma si è semplicemente mosso per le cose in cui credeva. Per noi è stata una fortuna avere, grazie a lui, i numeri per approvare le unione civili. Lo stesso spero per lo ius soli».
Il Pd è peraltro accerchiato dalla sinistra. Perché anche Sinistra Italiana, con il segretario Marco Duriavig, non separa il livello nazionale da quello locale: «Come può pensare, il Pd, che si tratti di partite diverse con due esponenti come Serracchiani e Rosato protagonisti delle vicende romane e, nel caso del capogruppo, della nuova legge elettorale?». Di qui la ribadita sollecitazione a non andare in continuità nel 2018: «Spero che le altre forze di sinistra siano conseguenti - conclude Duriavig - e lavorino con noi per costruire un’alternativa».
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