Il senatore Patuanelli: «Il M5s è vivo e non ha paura»

ROMA «Un grazie emotivo e razionale» a Giuseppe Conte. Comincia così il discorso con cui il capogruppo Stefano Patuanelli chiude il dibattito al Senato nella giornata che segna le dimissioni del primo ministro. Il senatore triestino gioca da protagonista la caduta della coalizione gialloverde e le sue conclusioni gli valgono l’acclamazione dei colleghi grillini, quando quasi urla: «Ci avete dato per morti ma siamo il M5s e non abbiamo paura di rivolgerci di nuovo al popolo, non abbiamo paura di niente». Le agenzie raccontano però che in mattinata Patuanelli abbia incontrato il suo omologo Pd Andrea Marcucci, perché le prove tecniche di governo giallorosso sono in pieno svolgimento. Intanto sono i due esponenti locali più alti in grado del Movimento e della Lega a sancire la fine di un esperimento durato 14 mesi.
Patuanelli rivendica la «leale collaborazione» messa in campo e poi attacca Salvini: «È evidente chi ha aperto questa crisi. Abbiamo lavorato con molte tensioni ma sempre nell’interesse dei cittadini. Poi ci sono state le europee e qualcuno ha cominciato a sbattere i pugni per dettare l’agenda politica del governo. Capisco che si voglia concretizzare il successo elettorale, fatico a capire che poi si chieda un accordo a Berlusconi. Ci avete detto che siamo quelli del no, ma voi siete quelli del boh: non si capisce quale sia la vostra proposta, prima presentate la mozione di sfiducia e poi la ritirate».
Dal Friuli Venezia Giulia il governatore Massimiliano Fedriga dirama una nota in cui mette sotto accusa «gli accordi sottobanco tra Renzi e Grillo, volti a mantenere in vita un qualsiasi esecutivo privo di legittimazione popolare pur di non far votare gli italiani. L’unica partita che siamo disposti a chiudere prima di tornare alle urne riguarda il taglio dei parlamentari». Ma Fedriga sa che l’ipotesi è puramente accademica e invita ad «andare a votare subito per restituire la palla ai cittadini».
La componente pentastellata addossa tutte le responsabilità sulla Lega. Il deputato Luca Sut ritiene che «Salvini chiedendo di tornare al voto ha ammesso di non voler più governare con il M5s». Che l’esperienza gialloverde non possa più tornare lo certificano tutti i leghisti, come la sottosegretaria Vannia Gava: «I grillini ci sopportavano ma non condividevano le nostre scelte. Conte ha vomitato tutto il suo astio represso, per piacere ai renziani. Gratta Conte e trovi il grillino».
Il dem Ettore Rosato rilancia intanto il «governo istituzionale. Siamo a un bivio: o ci rinfacciamo gli insulti o privilegiamo gli interessi del Paese. Salvini invece ha continuato nel suo ruolo avventurista e opportunista. Patetico il repertorio macchiettistico: crisi d’agosto, porti chiusi, simboli religiosi come amuleti. Le ragioni del suo fallimento neanche sfiorate». Per la senatrice Tatjana Rojc «la buona notizia è che ora ci possiamo affidare alla guida sapiente del Capo dello Stato». La deputata Debora Serracchiani sottolinea invece che il governo è caduto perché «non ci può essere maggioranza se non vi è condivisione su alcuni punti di principio. Serve grande prudenza perché bisogna contemperare la praticabilità di un dialogo tra le forze presenti in Parlamento con le esigenze urgenti del Paese. Vedremo se sarà possibile rimediare, altrimenti le elezioni saranno uno sbocco da valutare con serenità».
E proprio le elezioni invoca il capogruppo di Fdi Luca Ciriani. Per il senatore, «l’esperienza del governo gialloverde è finita. È diventato evidente a tutti il livore tra i contraenti del contratto. Fratelli d’Italia chiede che si vada subito al voto. Il Conte bis sarebbe una bis sciagura». —
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