Il ritorno de Le Love fra cucina e storia dentro Vermegliano

Nel rione, già comune autonomo, di Ronchi dei Legionari si rinnova una tradizione: «Apriamo e guardiamo avanti»
Bonaventura Monfalcone-11.12.2020 Apertura nuovo ristorante-Vermegliano-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura
Bonaventura Monfalcone-11.12.2020 Apertura nuovo ristorante-Vermegliano-Ronchi dei Legionari-foto di Katia Bonaventura

RONCHI

È il più popoloso, oltre 3.000 abitanti e il più antico rione di Ronchi dei Legionari. Vermegliano, già comune autonomo, attualmente è citato solo dal catasto tavolare. È qui che si è realizzata, negli anni, una tra le più importanti ristrutturazioni di grandi complessi come l’ex Cotonificio Triestino, esempio di archeologia industriale davvero da imitare. Ed è qui che hanno sede importanti aziende vitivinicole, due agriturismi, lo storico Bar Viale del popolare Cristian Bratovich, la gettonatissima Taverna de Vermean gestita in modo crescente dagli affiatatissimi Lidia e Giuseppe e, da ieri, anche anche il ristorante Le Love, locale che, lungo viale Garibaldi, trova posto laddove, già nell’Ottocento, esisteva l’albergo-trattoria Ai buoni amici di Antonia Visintin.

I Lovi era uno dei due soprannomi che erano stati dati alle famiglie Visintin, le Love, dunque, le donne della stessa. Un’impresa familiare, quella avviata dopo mesi e mesi di lavori e un investimento non da poco che ha permesso di far riaprire i battenti a un locale chiuso ormai da 11 anni. Nel recente passato era passato tra gestioni differenti, chiamandosi Mocambo e Primavera. In plancia di comando Marco, Sabrina e i figli Zeno, che di professione fa il cuoco e Anna che, al primo piano del ristorante, darà anche spazio all’arte. Un reparto al banco, per stuzzichini e pranzi veloci, ma anche una cucina tradizionale dedicata al pesce. Nella speranza che, presto, si possa tornare a riappropriarsi del piacere di una cena senza l’assillo dell’orario. Il locale dispone anche di uno spazio esterno e, nei lavori di ristrutturazione, si è fatto massiccio uso di energie rinnovabili. Tra gli obiettivi anche la valorizzazione di quei prodotto enogastronomici che arrivano da aziende formate da giovani.

«Se abbiamo comunque deciso di aprire, nonostante le limitazioni – sottolineano i proprietari – lo abbiamo fatto perché pensiamo che una situazione, seppur così drammatica come quella che stiamo vivendo, non debba indurre nessuno alla depressione. Dobbiamo guardare avanti, forti della nostra passione e del bagaglio di conoscenza di cui godiamo e che è stato alla base di questa nostra avventura». Presente all’apertura anche il sindaco, Livio Vecchiet, che si è detto orgoglioso di questa nuova presenza e felice che si continui ad investire nella cittadina. «Piccoli commercianti e grandi gruppi – le parole del primo cittadino – hanno scelto di investire, di rischiare in proprio dando fiducia al nostro comune, che, in controtendenza rispetto ad altri, nel settore commerciale risulta essere molto attivo».

Proprio la ricorrenza patronale di Santo Stefano ebbe il merito di promuovere, nel tempo, osterie e locande che potevano offrire cibi e bevande frutto della produzione locale. I cenni storici e le ricerche ricordano, il più delle volte ricorrendo a soprannomi che accompagneranno per generazioni la storia del borgo, le trattorie di sior Menegheto Ganzin, la siora Milia Picona o la taverna dei Gobei. In uno dei taccuini di Giuseppe Ermacora, fotografo e illustre ronchese, si trova proprio la trattoria Ai Buoni Amici di Antonia Visintin, mentre Silvio Domini, nella sua pubblicazione “Vermegliano documenti di vita e folclore”, ricorda che alla famiglia venne attribuito il soprannome Lovi, per cui risulta verosimile che nella parlata popolare la desinenza abbia assunto il genere femminile Love, quando l’attività e la gestione passò al ramo femminile della famiglia. Una storia lunga molto più di un secolo che richiama ad antiche usanze e sapori. Quelli che oggi si prefigge la cucina ronchese. —



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