Il rebus dei 1.250 dipendenti provinciali
Armi, bagagli e via al trasloco. Con qualche dubbio: dove? E chi? A far cosa? E con quale stipendio? Lo spacchettamento delle funzioni delle Province, uno dei nodi centrali della riforma degli enti locali della giunta Serracchiani, è un rebus che incombe anche sul personale. Sono 1.250 i dipendenti a libro paga, tra Trieste, Gorizia, Udine e Pordenone: 600, stando alle stime, andrebbero a finire alle dipendenze della Regione. Ma quanti nei Comuni? Numeri incerti, al momento, usciti dal dibattito di questi giorni nelle commissioni in Consiglio regionale. Che preoccupano i partiti di opposizione, ma anche l’intero fronte sindacale, visto che alcune competenze si troverebbero suddivise un po’ tra le Unioni di Comuni e un po’ tra gli uffici regionali. Senza contare che, in Provincia, uno stesso impiegato a volte fa più cose.
Dunque, il 1 gennaio 2016, il giorno in cui entra in vigore il trasferimento delle attività, dove andranno a lavorare gli impiegati? Oppure: i dipendenti in servizio nei rami più propri dell’ente, ad esempio la ragioneria o la segreteria, vanno di qua o di là? Il ddl parla di “funzioni”: ambiente, caccia, pesca, tartufi, funghi, scuole, musei, disabili, strade. E il personale, man mano che si snoderà il processo di trasferimento di competenze, passerà di ufficio. Cioè l’impiegato cambierà scrivania nel momento in cui la funzione in cui è inserito si sposterà da un ente all’altro. Ma il centralinista che fa? Certamente resterà al suo posto, se si pensa che alcune attività continueranno a rimanere a capo delle Province. Ma poi che succede quando questi enti saranno cancellati definitivamente, come espressamente indicato dalla norma statutaria mandata in Parlamento?
«In questa fase è tutto davvero molto nebuloso – polemizza Mafalda Ferletti della Cgil-Funzione pubblica – ricordiamoci che di mezzo ci sono persone». La riforma prevede però un piano di subentro graduale: si dovrebbe partire, stando a quanto risulta, con la gestione delle strade (ma non è ancora chiaro esattamente cosa e a chi) e dei Centri per l’impiego, in capo alla Regione. Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cisal non nascondono le loro preoccupazioni e hanno recentemente presentato all’assessore Paolo Panontin una memoria sulle possibili criticità. «Il mancato trasferimento delle funzioni nella loro interezza comporta una difficoltà nell’individuare il personale da spostare – ragionano i sindacati – in quanto lo stesso, nell’ambito della stessa funzione, è chiamato a svolgere più attività». Esempi se ne trovano vari: gli impiegati della motorizzazione, al momento negli organigrammi delle Province, passerebbero alla Regione. Ma parte delle attività diventerebbe di competenza comunale come l’autorizzazione e la vigilanza sull’attività delle autoscuole o la revisione dei veicoli.
La partita è enorme e investe, almeno parzialmente, pure le buste paga. Siamo nell’ambito del Comparto unico ma i sindacati chiedono che nelle operazioni di trasloco da un ente all’altro il trattamento economico non venga toccato. Così lo stipendio tabellare, con tredicesima e anzianità. Analogamente a quanto di accessorio esiste, e quindi indennità di rischio, turno, reperibilità, personale educativo, vigilanza, retribuzione di posizione e compensi incentivanti. Cioé la parte legata alle funzioni. Resterà tutto inalterato nei passaggi da un palazzo all’altro? I sindacati sollecitano l’inserimento nel ddl di una “clausola di salvaguardia” con l’applicazione del contratto del Comparto per tutti. «Chiediamo una verifica su questo processo – puntualizza Ferletti – il percorso va monitorato sull’intera mobilità. Ad esempio nei trasferimenti da un ente a un altro ente i livelli e le responsabilità, comprese le Posizioni organizzative, devono essere assicurati». Tema che riguarderà anche Fvg Strade, i cui dipendenti sono sottoposti a contratto Anas. «La questione è delicata – avverte il forzista Riccardo Riccardi – e va affrontata bene. Altrimenti rischiamo il caos».
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