Il “re” degli zingari lancia il Gypsycoin la criptomoneta solidale per le comunità rom

Progetto varato da Daniel Cioaba, figlio del defunto “monarca” Florin. Il valore aumentato in poche settimane: si avvicina la quotazione

Stefano Giantin

BELGRADO. È un popolo senza terra, spesso discriminato e emarginato. Ma ora ha una sua moneta, una criptovaluta a tutti gli effetti. È il Gypsycoin, il Bitcoin rom. A lanciare l’idea è stato dalla Romania Daniel Cioaba, pastore evangelico e pure re dei rom di Romania incoronato dopo la morte del padre Florin, pianto da migliaia e migliaia di persone nel giorno del funerale, nel 2013, mentre il fratello Dorin ha ereditato la carica che fu del padre, “Re degli zingari di tutte le parti del mondo”.

Cos’è il Gypsycoin? Maggiori informazioni sono disponibili sul sito ufficiale della nuova criptovaluta, non ancora quotata sui mercati specializzati ma prossima a esserlo e già presente nelle tasche virtuali di oltre mille compratori, mentre il valore della moneta è schizzato di oltre dieci volte a una settimana dal lancio, e di cento a tre settimane. Il Gypsycoin non sarebbe però una criptovaluta tradizionale. Secondo i suoi inventori la moneta vuole essere un «ecosistema pensato per lo sviluppo delle comunità rom», misto tra finanza virtuale e solidarietà. L’obiettivo è di far usare la valuta non solo negli scambi economici ma anche per «finanziare progetti educativi» e caritatevoli, con focus in particolare sull’infanzia, si legge sul sito web di Gypsycoin. E anche per dotare di una moneta di scambio «comunità costruite attorno a ideali condivisi, promuovendo scambi economici» al loro interno o offrendo la valuta a commercianti, negozi e imprese gestiti da rom. In che modo? Destinando circa il 2% delle transazioni a progetti caritatevoli a favore delle comunità rom. Il simbolo della valuta riprende il disegno della ruota raggiata che rappresenta il migrare dei rom ed è utilizzato anche come logo per la loro bandiera.

Solo la boutade di un personaggio controverso? Non proprio. È la stessa storia dei Cioaba a suggerirlo. Dietro l’etichetta pittoresca di autoproclamato re dei rom c’è una famiglia con molte luci e qualche ombra, ma sinceramente impegnata in prima fila nelle battaglie dei diritti dei rom, non solo tramite le criptovalute. Ad aprire le danze era stato il ben più famoso Florin Cioaba, padre-monarca di Daniel e Dorin, che nel 2003 aveva sollevato un enorme polverone, in patria e all’estero, essendo emerso che aveva tentato d’organizzare un matrimonio combinato per la figlia allora dodicenne. Lo scandalo l’aveva fatto rinsavire e lottare per porre un freno alla piaga degli sposalizi fra minorenni all’interno della comunità rom. Ma il suo impegno pubblico non si fermava lì. Si batteva per il riconoscimento dei diritti del suo popolo, cercando al contempo di preservarne antica cultura e tradizioni. Tutte battaglie che assieme al titolo “nobiliare” sono state ereditate dai figli. Dorin nel 2014 ha definitivamente vietato i matrimoni tra minorenni - perché «prima devono andare a scuola» - e rilanciato un sistema giudiziario “parallelo” di mediazione per la comunità. Ma ha anche offerto manodopera rom a Trump per costruire il muro anti-migranti al confine fra Usa e Messico.

Daniel ha invece tentato una carriera in politica ed è una figura prestigiosa della International Romani Union. Adesso la scommessa del Gypsycoin, lanciata proprio dalla città di Sibiu, dove è nata anche un’altra criptomoneta di successo “made in Romania”, la Elrond.

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