Il quotidiano rito tra “orade” e “moli” Viaggio all’alba nel mercato ittico

I pescatori, riempite le reti, fanno rotta verso lo Scalo Legnami Una scena che si ripete alle 4. E così le vendite hanno inizio



Mentre la città ancora dorme, loro pigliano i pesci che, attraverso il mercato ittico locale e poi le pescherie di Trieste, giungono infine nei nostri piatti. Sono i pescatori che quotidianamente attorno alla mezzanotte escono con le loro imbarcazioni e, dopo aver riempito le reti, alle 4 di mattina fanno rotta al mercato ittico dello Scalo Legnami, di fronte alle Torri d’Europa, dove, mentre combattono contro l’appetito dei gabbiani, dividono i pesci per specie e poi li scaricano a terra per l’ispezione sanitaria delle 4.45. Infine, conducono la barca al molo d’attracco fino alla notte successiva. «Tutti dentro», urla Mariapatrizia Vitiello, referente comunale per il mercato ittico da ben 35 anni. Così, alle 5.15, i dettaglianti invadono il mercato ittico e, senza badare a convenevoli, iniziano immediatamente a contrattare sui prezzi, di solito fino alle 9 e comunque entro l’orario di chiusura delle 14.

«Un aeroporto del pesce», lo definisce Enrico Zuin, il responsabile dell’Ufficio Mercati del Comune. Qui, infatti, il pescato fa il suo ingresso nell’economia dell’Unione europea e quindi i controlli si rivelano fondamentali per garantire la qualità del prodotto. I pesci più abbondanti che vengono catturati dalle reti gettate nel golfo di Trieste sono i “Zievoli” (cefali), qualche “Suro” (Sugarello) e “Molo” (Potassolo), le “Orade” (Orate), i Branzini, poi le “Sardelle” (Sardine) e soprattutto i “Sardoni” (Alici o Acciughe). Risulta però difficile quantificare per ogni tipologia una fascia di prezzo, che risulta particolarmente fluttuante, come spiega Franco Bullo, commissionario (una sorta di “broker”) della ditta “Ricciotti Bullo sas”. «I prezzi sono molto variabili così come i quantitativi di pescato giornalieri, in base alle condizioni metereologiche». Infatti, come ogni mestiere del settore primario, quello del pescatore è strettamente legato alle condizioni climatiche, sempre più influenzate dall’inesorabile processo innescato dai cambiamenti climatici. «Ultimamente il mare è malato, il fondale è marcio. Tutto quello che scarichiamo in acqua ha rovinato il mare e oggi si pesca di meno. Una volta c’era tanto più pesce e tante più barche», spiega il giovane Antonio D’Ambrosio, che a breve erediterà l’attività dal padre Gaetano e da lui ha appreso il mestiere. Oggi, infatti, sono rimasti solo 6 pescherecci locali della trentina che navigavano fino a qualche decennio fa, come racconta Edio Tognon, titolare dell’omonima pescheria di campo S. Giacomo e il più anziano rivenditore, che si aggira nei mercati sin dal 1955. Un’attività che Edio dubita possa continuare a resistere ancora a lungo: «Va sempre peggio – dice – perché il pesce è sempre meno. Per fortuna, però, a Trieste se ne mangia ancora tanto, soprattutto quello locale».

Sono mutate anche le abitudini dei consumatori, adattatesi a una società sempre più veloce. «La gente ormai vuole tutto pronto e non si ha il tempo neanche di pulire il pesce. Una volta, invece, si veniva semplicemente con un piatto a prendere il pesce e non c’era tutta ’sta…». Ci pensa un po’ perché la parola proprio non gli piace, infine gli sovviene: «Plastica».

Ogni anno, nei circa 7 mila metri quadrati del mercato ittico di Trieste (tra il piazzale, la banchina, lo specchio d’acqua e l’edificio vero e proprio) transitano circa 2 mila tonnellate di pesce per un volume d’affari sui 12 milioni di euro. Si tratta di un cosiddetto mercato “misto”, nel quale sono presenti sia una componente locale che d’importazione, nazionale e estera. I venditori provengono sia dalla provincia di Trieste che dall’Istria slovena e croata, un’area che non possiede più uno sbocco commerciale da quando nel 2013 il mercato ittico di Fiume ha abbassato definitivamente le serrande. Oltre a ciò, sono presenti anche i grossisti internazionali.

Per farsi un’idea delle proporzioni tra i due mercati, quello locale e non, si può far riferimento ai dati delle vendite nell’agosto dell’anno scorso, uno dei mesi più produttivi per il settore ittico: su circa 142 mila chilogrammi di prodotto, 73 mila derivano dal pescato locale e i restanti 69 mila dagli altri porti, 20 mila da quelli nazionali e 49 mila dagli internazionali. Sempre riferendosi allo stesso periodo, 74 mila chilogrammi sono stati esportati e 65 mila sono rimasti nel consumo locale. I compratori principali, infatti, sono la cinquantina di pescherie della provincia, alcuni rivenditori istriani e di recente anche un austriaco. –



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