«Il Punto Franco non serve al riuso del Porto Vecchio»
«Non conoscevo il Porto Vecchio di Trieste. Mi sembra molto interessante. Si potrebbe fare tante cose». Thomas Kuhlmann, 54 anni, direttore dal 2008 del settore immobiliare della Hhla (Hamburger Speicherstadt Hafen und Logistik ag), la società che ha in gestione l’area dei magazzini storici della città di Amburgo, non era mai stato a Trieste. È arrivato nei giorni scorsi con due anni di ritardo (l’invito era per il 2011) a illustrare il modello Amburgo a operatori e costruttori. «I vostri magazzini non possono essere confrontati ai nostri, ma sono comunque belli» aggiunge il direttore di Hhla. Quelli di Amburgo, progettati dall’architetto Franz Andreas Meyer, sono stati costruiti tra il 1884 e il 1888 in mattoni rossi e in stile neogotico. Tipici delle città anseatiche. E sono davvero molto belli. Tutelati dal 1991.
L’incontro con il direttore di Hhla è un’iniziativa dell’Autorità Portuale di Trieste in collaborazione con l’Istituto di cultura marittimo portuale alla ricerca di una via d’uscita allo stallo trentennale del Porto Vecchio di Trieste dopo il fallimento recente dell’esperimento di Portocittà e quello più vecchio di Polis. «Abbiamo organizzato un tavolo di lavoro per presentare l’area del Porto Vecchio di Trieste a Kuhlmann. Gli incontri sono l’occasione per uno scambio di esperienze per l’avvio di un progetto di recupero che intende attingere ai fondi europei (si parla addirittura di 500milioni, ndr) per i lavori di urbanizzazione e primo intervento necessari per attirare investimenti privati» introduce Antonella Caroli, direttrice dell’Icmp. Ma esistono fondi europei? «Li stiamo cercando» aggiunge Caroli.
«Noi abbiamo fatto senza» precisa subito, con orgoglio tedesco, Kuhlmann, l’ingegnere civile che da 5 anni dirige l’immobiliare di Hhla. La Speicherstadt di Amburgo, il più grande complesso di magazzini storici al mondo, è ormai una realtà: 300mila metri quadrati su un’area di 25 ettari nel cuore della città. La proprietà del terreno è della città di Amburgo mentre la Hhla, la società portuale di Amburgo (70% di capitale pubblico e 30% di capitale privato), è proprietaria da sempre degli immobili (costruiti 125 anni fa) che in parte usa ancora come magazzini e in parte offre in affitto (con contratti trentennali) a diversi soggetti, privati e pubblici, per attività diverse che vanno da quelle commerciali a quelle culturali (uffici, negozi, ristoranti, musei, teatri, sale convegni). Sono praticamente escluse le residenze private. «Siamo all’1%. In pratica 10 persone che vivono in 600metri quadrati» scherza Kuhlmann. L’occupazione degli spazi recuperati, invece, è quasi totale. «Non abbiamo un metro quadrato libero. Circa 240mila metri quadrati sono affittati. Tutto quello che abbiamo recuperato e costruito» aggiunge il direttore. Stiamo parlando della società che gestisce il principale porto della Germania (terzo d’Europa dopo Rotterdam e Anversa) e tra i primi al mondo come traffico di container. Il settore immobiliare è una parte importante dell’attività portuale concentrata soprattutto sul quartiere di Speicherstadt, diventato ormai una delle attrazione turistiche della città. «Il museo delle meraviglie in miniatura (“Wunderland”), ospitato in uno dei magazzini, ha un milioni e 200mila visitatori all’anno» aggiunge l’ingegnere della Hhla.
E Trieste? Il quartiere dei magazzini di Amburgo è la metà del Porto Vecchio che si estende per 60 ettari e vanta 650mila metri quadrati di magazzini (30mila solo il Magazzino 26). «Siamo molto interessati alla formula di collaborazione tra pubblico e privato messo in atto ad Amburgo - aggiunge Antonella Caroli -. L’esperienza amburghese si caratterizza per la creatività con la quale ha saputo aprire al mondo della cultura, dell’arte, dello spettacolo, della moda e non ultimo a quello degli affari i grandi spazi dismessi del porto storico di Amburgo». Nel caso di Amburgo il soggetto immobiliare è unico (l’Autorità portuale), un solo concessionario: lo “spezzatino” (piatto che piace molto all’Authority di Trieste) non è nel menù della Hhla. Il modello Amburgo si può applicare a Trieste? «Sì, è possibile. Bisognerebbe costituire una società insieme tra privati e Autorità Portuale» conferma Kuhlmann. Ma la Hhla di Amburgo sarebbe interessata a investire a Trieste? La risposta si limita a un sorriso.
I lavori per il recupero della Speicherstadt sono iniziati nel Duemila per blocchi di magazzini. «Sono passati 13 anni e circa il 50% è stato sviluppato. Un investimento che si aggira sui 200 milioni di euro» aggiunge Kuhlmann. Nel 1888 erano stati stanziati 40milioni di vecchi marchi per realizzare il quartiere dei magazzini. La redditività degli spazi recuperati (ovvero gli affitti incassati da Hhla) rimane segreta. «Non sono autorizzato a dirlo» ammette il direttore. Alcuni spazi sono diventati dei musei importanti, teatri, sale da concerto e aule per congressi. Nel 2011 ulteriori 6mila metri quadrati sono stati liberati per l’industra della moda e il design. Nel quartiere storico ha sede anche l’Autorità portuale. Alcuni edifici sono utilizzati ancora come magazzini merci di vario genere (caffè, spezie, cacao, tabacco rum). La Speicherstadt ospita il mercato di tappeti più grande del mondo. Un vero suk orientale.
In tutto questo non c’entra il Punto Franco a cui Trieste continua ad aggrapparsi come a un salvagente. «Quando sono iniziati i lavori c’era ancora il porto franco - spiega Kuhlmann -. Ma nel 2006 è stato tolto dalla Speicherstadt. Non serviva a nulla». E così ora la Speicherstadt, a differenza del Porto Vecchio di Trieste, è un quartiere perfettamente integrato nella città di Amburgo. Anzi è diventato il quartiere, il cuore pulsante della città. E pensare che un tempo la Speicherstadt era separata da Amburgo da 18 chilometri di recinzione e aveva sette posti di frontiera. Il modello Amburgo potrebbe tornare utile a Trieste anche per questo. Tanto più che dal primo gennaio di quest’anno Amburgo ha rinunciato unilateralmente in toto al regime di punto Franco quello che per oltre 120 anni gli ha garantito lo sviluppo del porto di Amburgo. «Non serve più. Non ha più valore. La legge doganale è cambiata» dice il direttore immobiliare della Hhla. A Trieste la notizia non è ancora arrivata. Il modello Amburgo è affrancato. Da molto tempo.
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