Il primo imam “made in Italy” per i musulmani di Trieste
TRIESTE. «È proprio quando tutti sono in preda alla paura che bisogna avere la forza di fare un passo in avanti e aprirsi all’altro». Nader Akkad è siriano, è un ingegnere e fa il ricercatore all’Ictp di Trieste. Ma sarà anche il primo musulmano triestino a ottenere l’etichetta di imam “made in Italy”.
Sta seguendo infatti il master dell’università di Padova in Studi sull’Islam d’Europa, iniziativa di un consorzio di atenei per la formazione di figure religiose ma anche di operatori interculturali in sintonia con i valori dell’Ue. Un master che ha il sostegno di attori come il governo marocchino e l’Unione delle comunità islamiche d’Italia (Ucoii), tra queste anche quella triestina.
Imam europei Il master è giunto alla sua terza edizione ma è la prima volta che i musulmani triestini partecipano con un loro membro: «L’anno prossimo però contiamo di mandare un altro imam a formarsi, e col tempo vorremmo arrivare a un’istruzione anche a livello regionale», spiega Akkad. Ma di cosa tratta il corso? «Nei nostri paesi di origine esistono facoltà islamiche che formano gli imam, come ad esempio l’università Al-Azhar in Egitto: io ad esempio ho studiato scienze islamiche per un anno a Damasco. Ma in Europa - afferma Akkad - queste figure hanno bisogno di essere integrate con i valori che sono alla base del progetto europeo». Ciò non significa “annacquare” la loro fede, precisa: «L’idea è avere dei ministri del culto che abbiano al tempo stesso la fede, quella che nasce dal cuore, e la conoscenza della cultura e dei valori civici dei paesi in cui vivono». È proprio per questo che il nome del corso parla esplicitamente di Islam «d’Europa»: «Se andiamo al di là degli stereotipi, ciò che è nato in questo continente è una fede molto interessante, basata sull’attestazione dell’unità di Dio e sulla molteplicità delle culture» afferma ancora l’ingegnere dell’Ictp.
L’esempio di Trieste Secondo Akkad basta guardare alla comunità islamica triestina per averne un esempio: «Soltanto noi apparteniamo a 27 nazionalità diverse: il dialogo è parte del nostro stesso Dna - prosegue Akkad -. Non a caso partecipiamo alle iniziative interreligiose in città e curiamo i rapporti transfrontalieri con i nostri fratelli in Slovenia e Croazia». Anche per questo, aggiunge, è importante che gli imam conoscano bene l’italiano: «La stessa Ucoii ha riconosciuto l’italiano come lingua unificante dei musulmani in Italia, gli imam devono averne una padronanza ricca e corretta». In quest’ottica il master di Padova serve a dare un «valore aggiunto» di integrazione agli imam che hanno già avuto una formazione di tipo teologico.
Dal diritto alle lingue La comunità triestina ha aderito al master quest’anno, così come molte altre realtà islamiche e università d’Italia. Attualmente il corso fa riferimento a un consorzio universitario che include università di Padova, del Piemonte Orientale, Cattolica di Milano, Statale di Milano, Insubria di Como e Varese. Gode anche del patrocinio del ministero dell’Interno. «Spero che anche le università di Udine e Trieste si interessino all’idea - afferma Nader -. È un corso prestigioso e coraggioso». Tra gli insegnamenti del master troviamo: Storia, antropologia e sociologia dell’islam; la cornice giuridica e istituzionale europea nell’ambito della quale si muove anche l’islam; la religione islamica, i suoi fondamenti e le sue diverse tendenze; l’islam nello spazio pubblico europeo; intercultura, identità e appartenenza e ancora politica, economia e lingue.
Rivolto a tutti Quest’anno sono 18 i partecipanti al corso, provenienti un po’ da tutta Italia: «Il corso non è rivolto solamente agli imam, parla a tutte le persone che per fede o per lavoro possono interessarsi a questo tema - dice Akkad -. Ci sono donne, ci sono operatori sociali e così via». Il ricercatore dell’Ictp conclude il suo racconto con un aneddoto emblematico: «L’Ucoii finanzia ogni anno una borsa di studio per permettere a un candidato con i requisiti adatti di accedere al corso - spiega -. Quest’anno è stata assegnata a una persona che non è di fede musulmana, ma che è stata comunque reputata meritevole di partecipare. Questo è lo spirito che anima il progetto».
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