Il primo atto di Debora: le canta al Pd

Serracchiani dopo la vittoria batte i pugni in direzione nazionale. E annuncia: nella mia giunta molte donne. Bolzonello in pole per la vicepresidenza

di Marco Ballico

Gliene ha dette quattro anche ieri, in direzione nazionale, ai democratici che hanno perso la bussola mentre lei correva e vinceva in Friuli Venezia Giulia. Ha parlato così schiettamente che gli applausi per il trionfo si sono tramutati, se non in fischi, in brusio. Debora Serracchiani è fatta così: dice quello che pensa. «E pure questa volta non potevo non parlare», racconta appena uscita dal vertice Pd, per nulla ammorbidita dalla soddisfazione enorme di aver battuto Renzo Tondo, il governatore uscente, di averlo piegato nonostante la coalizione di centrodestra abbia tenuto e il Pd, invece, facesse da giorni harakiri.

Ne ha detto quattro soprattutto a Pierluigi Bersani. Il segretario dimissionario pure la bacchetta: «Occorre distinguere il tema del governo da quelli istituzionali, nei quali vanno sempre cercate convergenze ampie, altrimenti galoppiamo verso un'altra Repubblica». Ma lei ribatte senza abbassare la testa: «Ho chiesto perché fosse stato candidato Marini e ho posto altre questioni legate al no della direzione, per due volte, all’intesa con il Pdl. Al di là delle vaghe spiegazioni di Bersani, non ho ricevuto risposte concrete».

Le avranno fatto almeno i complimenti, i grandi capi del partito?

Mi hanno applaudito quando il segretario mi ha annunciato. Ma poi ho fatto un intervento molto critico. E il clima è cambiato.

Che cosa ha detto?

Ho ringraziato la coalizione di centrosinistra in Friuli Venezia Giulia per un risultato straordinario. Ma, dato che poi io ritorno sul territorio, ho anche chiesto il perché di scelte risultati ai più incomprensibili, che hanno mandato il partito in subbuglio e convinto molti giovani a occupare le sedi.

Le scelte sul Capo dello Stato?

Volevo capire perché si è arrivati alla candidatura di Marini e ai no a Prodi e Rodotà.

E su Napolitano?

Ho sostenuto che la direzione dovrà sciogliere il nodo se ci sono, oppure no, condizioni da porre al presidente della Repubblica. Viceversa pare che le condizioni le abbia poste solo Napolitano.

Sono arrivati i fischi in direzione?

C’è stato un po’ di rumore.

Una direzione accesa?

Sicuramente complicata. Tanto più dopo che si è aperta con le dimissioni del segretario.

Si dice che lei abbia vinto nonostante il Pd.

Da dopo le politiche non ho sentito nessuno, non faccio parte dell’apparato. Ho avuto di fianco il Pd regionale, non certo quello romano. Me la sono cavata da sola con gli alleati, capaci anche loro di fare un lavoro eccezionale sul territorio.

In ogni caso ha fatto da salvagente a un Pd alla deriva. Si abitueranno a Roma a fare senza di lei per cinque anni?

Ho la responsabilità di governare bene per portare la regione fuori dalla crisi. Ma sono cosciente del fatto che, perché questo accada, dobbiamo occupare uno spazio politico anche nella capitale. Abbiamo bisogno di avere un governo forte e interlocutori politici attenti. Il mio impegno sarà sui due fronti. Sfruttando il ruolo istituzionale che ho conquistato, dirò la mia pure a livello nazionale.

Ritiene convincente l’ipotesi di Renzi premier?

Per la percezione che ho avuto in campagna elettorale, è la persona che può creare un consenso ampio anche al di fuori dei recinti del Pd e del centrosinistra. Non so se ci sono ora le condizioni perché tocchi a lui, ma è di certo un vincente. Sarà fondamentale, credo, soprattutto nel momento in cui si tornerà al voto.

Da bersaniana a renziana?

Mi sono battuta per tutta la campagna delle primarie, prendendo anche qualche randellata, per mantenermi autonoma. Non mi è mai piaciuto sentirmi chiamare con il cognome di altri. Altra cosa è dire che Renzi, oggi, convince più di tutti.

Torniamo indietro. Erano vere le voci che lei, inizialmente, non voleva candidarsi alla presidenza?

Il travaglio c’è sicuramente stato. Per il semplice motivo che faccio politica mantenendo la possibilità di scegliere.

Perché ha scelto in quel modo?

Perché mi piace la sfida. E ho preso, anche questa volta, la strada più difficile.

Ha capito di avere vinto quando le ha telefonato Tondo?

Lo avevo intuito un po’ di tempo prima. Certo, la telefonata mi ha messo davanti al fatto compiuto.

Tondo se ne va con molto stile, lo ammette?

Sicuramente. Gli ho sempre riconosciuto stile ed ero sorpresa che l’avesse un po’ perso in campagna elettorale. In alcuni casi è capitato anche a me.

E Galluccio?

Mi ha mandato un messaggio e ci siamo salutati in Consiglio. Credo che anche con il Movimento 5 stelle ci si potrà confrontare su temi concreti.

Ci sono stati negli ultimi giorni momenti di rassegnazione?

Di sfiducia e arrabbiatura, non di rassegnazione. Sapevo di aver messo in campo una bella squadra, di aver lavorato tanto, di aver messo in gioco la mia credibilità. Trovavo intollerabile rimanere sotto le macerie di Roma.

Quando nascerà la sua giunta?

Parto subito con gli incontri per capire quali sono i primi adempimenti per la presidenza della Regione. Come tutti gli anni parteciperò alle celebrazioni del 25 aprile e poi mi prenderò un giorno libero. A Milano mi è nato il secondo nipotino.

Ma che tempi si dà? Esecutivo pronto la prossima settimana.

Non mi do scadenze. Voglio prendermi il tempo necessario.

Sarà a 8, 9 o 10 assessori. E con quanti esterni?

Non ho ancora fatto considerazioni di questo tipo.

Tante donne quanti uomini?

Cercherò competenze rispettando il più possibile la parità di genere.

Bolzonello sarà il suo vice?

In base al risultato eccezionale che ha avuto, avrà un incarico primario. Ma trovo corretto discuterne prima con la coalizione.

Attuerà lo spoil system?

E’ certo il riordino delle partecipate. Le esamineremo una per una. Nessun interesse da parte mia a mettere bandierine. Se una società funziona grazie alla sua dirigenza, si va avanti così. Il discrimine è che si lavori per l’interesse della Regione.

Ha già pensato a come andare d’accordo con Riccardi commissario della A4?

Sarà uno dei primi temi da porre al prossimo governo nazionale. Si tratterà di ridiscutere il patto Tondo-Tremonti e subito dopo di parlare con Roma della terza corsia.

Con quale obiettivo?

Strappare finanziamenti e capire in che modo interverranno Cdp e Bei.

E il commissario?

Finalmente potrò incontrare i vertici di Autovie e di Friulia, oltre che parlare con Riccardi. Mi farò mostrare le carte e, a quel punto, valuteremo come disincastrare l’opera dall’attuale stallo.

Chiederà la revoca delle procedure commissariali?

Ho sempre detto che il commissario ha comportato l’aumento di costi e di tempi.

La prima cosa che farà da presidente?

Porterò avanti il disegno di legge per ridurre i costi della politica. E rinuncerò al fondo di riserva da 25mila euro annui, da non rendicontare, destinati al governatore.

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