Il prezzo del caffè ai minimi storici
TRIESTE. Il caffè, tra le prime commodities scambiate nel mondo e tra i più importanti argomenti dell’economia triestina, insiste con una certa coerenza su quotazioni decisamente basse, tali da evocare gli storici minimi toccati nel 2006. Da quattro anni il prezzo della materia prima non era così basso, prezzo che dal 2010 ha imboccato una costante discesa. Era dal 1993 che non si rilevava una così lunga sequenza ribassista.
Londra è il mercato di riferimento per la “robusta”, così come New York lo è per la più pregiata “arabica”: se il robusta supera a mala pena i 1600 dollari/tonnellata, l’arabica fatica a valicare i 110 cent/libbra. E, da quanto è dato leggere e sapere, non sono al momento previsti colpi di scena nell’andamento delle quotazioni. Il mercato è caratterizzato da un’alta offerta di prodotto: il Brasile, re dell’arabica, è reduce da un raccolto record, la Colombia pare stia avendo la meglio sulla piaga rappresentata da un fungo chiamato “roya”, neppure i timori meteo sulla robusta del Vietnam intervengono a modificare la tendenza al ribasso.
«Come tutte le commodities - osserva Massimiliano Fabian, presidente dell’Associazione caffè Trieste - accanto alla dinamica domanda/offerta, esiste per il caffè l’alea della speculazione, attivata perlopiù da player finanziari. Il prezzo della materia prima è, a sua volta, condizionato da fattori organizzativi e geografici. L’attuale quotazione appare sostenibile per i Paesi meglio strutturati, come il Brasile e il Vietnam, mentre è ormai al limite per altri produttori meno attrezzati. S’aggiunga che in questa fase il dollaro, valuta-base per le contrattazioni, si manitiene piuttosto basso». «Dal nostro punto di vista - commenta l’operatore triestino - se da un lato non è opportuno strangolare il produttore, per non mettere a repentaglio l’approvvigionamento, d’altra parte una materia prima abbordabile è certamente vantaggiosa. Quindi valuterei soddisfacente la presente situazione». Per il consumatore finale cambia poco: «Cambia poco per due motivi. Perchè il consumo è relativamente impermeabile rispetto ai fattori economici generali, in altri termini sente poco la crisi. E perchè il prezzo della materia prima incide in maniera modesta sul costo della tazzina, diciamo per un 15%».
Secondo Fabian, anche il porto di Trieste, il primo del Mediterraneo insieme al sistema Genova-Savona, non risente della persistenza ribassista: sdogana mediamente 2,5 milioni di sacchi da 60 kg di “verde”, il 25-30% dell’import nazionale. Ne viene stoccata una quota significativa, tra i 700 mila e il milione di sacchi. Senza contare i transiti extra Ue, non rilevati dalla dogana, stimati in circa 2 milioni di sacchi.
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