Il Porto Vecchio “liberato”: la scommessa di Trieste
di Maurizio Cattaruzza
Un’orchestrina jazz formata da ratti e gatti randagi con una affiatata sezione fiati di dodici gabbiani affamati venerdì sera stava provando in Porto Vecchio l’ouverture di Marinaresca (“Trieste dormi...”) quando è stata bruscamente interrotta da una notizia inaspettata. Sfratto immediatato companeros, l’area portuale è stata liberata. Non derattizzata ma sdemanializzata in Senato dove è stato approvatop il teso presentato da Francesco Russo, nell’insolita veste di Babbo Natale. Un regali straordinario per Trieste che si vede restituita una porzione di città fronte mare che sembrava proibita dove solo l’orchestrina jazz delle bestiole selvatiche e da senzatetto. Ci vorrà del tempo per decidere cosa mettere in quel grandse contenitore, intanto questo provvedimento ha avuto il potere di riunire la due anime del Movimento Trieste Libera dopo un anno di guerra neanche tanto fredda. Era obbligatorio cominciare questo bilancio dai titoli di coda, dove c’era una succosa sorpresa.
Porto Vecchio a parte, cosa succede in città? Avanti adagio è il motto del 2014. La città sta tentando di correre, si sforza di muoversi ma non riesce a schiodarsi dal punto di partenza. Trieste è come se sgambettasse su un tapis roulant. È sempre lì. Situazione altamente frustrante per la città, così bella ma anche così impossibile per chi vorrebbe rimetterla in moto. Così ferma che, salvo un paio di eccezioni, avremmo potuto fare un copia e incolla del commento di fine anno pubblicato l’anno scorso su questo inserto. La città stenta a decollare nonostante le buone intenzioni dei nemici del partito del “no se pol” e dei tanti progetti in piedi che però per un motivo o per l’altro non si concretizzano. La giunta Cosolini dopo un lunghissimo rodaggio e vari cambi in corsa della squadra, giura e spergiura che il 2015 sarà l’anno buono per vedere affiorare nuovi cantieri e nuove opere. Anche perché è l’anno prima delle elezioni: se non ora quando? Il Prg è ancora un po’ sommerso, il piano traffico è sotto sperimentazione come un farmaco salvavita. Accontentiamoci per ora del polo museale di via Cumano, un discreto tesoro che in quella zona rischia di rimanere nascosto.
Insomma a fine anno il solito bicchiere sembra più mezzo vuoto che mezzo pieno, eppure alla sera, quando Trieste si rianima nei suoi locali, tutti lo vorrebbero ben pieno... Difficile essere ottimisti quando da anni non c’è un nuovo insediamento industriale, colpa soprattutto della trappola burocratica del sito inquinato, un problema che avrebbe dovuto risolvere Corrado Clini, il quale ora è alle prese con problemi giudiziari. Ma Trieste nei suoi frequenti deliri autolesionistici riesce a dire “no grazie” a grandi catene (monomarca) che vorrebbero insediarsi sul territorio portando quantomeno occupazione. Purtroppo prevale una mentalità protezionista, così le nuove aziende vanno ad aprire altrove, anche dietro l’angolo. In un contesto così depresso, dove la crisi come in tante altre città ha colpito duro mettendo in ginocchio piccole e medie aziende e decine e decine di negozi (è stato appena celebrato il “funerale” del prestigioso Godina), non ci resta che esultare per l’operazione di salvataggio della Ferriera andata felicemente in porto malgrado numerose cassandre. È il frutto di un gioco di squadra (politico) e di una convergenza di interessi tra pubblico e privato. Forse gli abitanti di Servola magari non faranno salti di gioia, ma almeno 450 lavoratori, senza contare l’indotto, possono finalmente tirare un sospiro di sollievo. Il cavalier Giovanni Arvedi riqualificherà lo stabilimento. Non sarà un benefattore (è un industriale, avrà il suo tornaconto economico) ma con il suo intervento ha assicurato una stampella all’asfittica economia triestina scongiurando anche il pericolo che potesse esplodere la bomba sociale di 600 operai incazzati neri pronti a scendere in città con propositi bellicosi.
L’Authority non si decide però a rinnovare la concessione per l’utilizzo della banchina. Cosa aspetta? Quello del porto, già che ci siamo, è un problema spinoso che si trascina da tempo. I numeri sui traffici apparentemente (e con il contributo delle petroliere della Siot) sono buoni ma il dialogo tra Marina Monassi e Regione e Comune resta difficile. Ora, a inizio anno, il ministro Maurizio Lupi nominerà un nuovo presidente pescandolo dalla terna oppure sarà designato un commissario.
È stato anche un anno da libro noir. Prima un’alluvione che in strada per Lazzaretto ha provocato uno smottamento stritolando una villetta e la padrona che vi abitava. Sul fronte ecclesiastico c’è sufficiente materia per Veit Heinichen, giallista che spesso si ciba dei fatti di cronaca nera cittadina per i suoi romanzi. L’anziano prete Giuseppe Rocco è stato strangolato nella stanza della casa del clero e i carabinieri sono ancora alla ricerca del colpevole. In ottobre è esploso il caso di don Maks Suard, il sacerdote di Santa Croce impiccatosi in canonica dopo che era emersa una storia di pedofilia di 17 anni fa in cui aveva molestato una minorenne.
Un momento molto difficile per la Diocesi, provata anche dalla “ribellione” dei cattolici della minoranza slovena che hanno rimproverato al vescovo Crepaldi di essere stato poco comprensivo con don Maks. In ottobre le Cooperative Operaie hanno rischiato di fare boom, dopo che da varie parti era stato lanciato l’allarme. Una volta constatata la precaria situazione finanziaria delle Coop, impossibilitata a restituire i 103 milioni del prestito sociale ai 17mila risparmiatori, la Procura ha chiesto il fallimento al Tribunale disarcionando l’intero cda (il presidente Livio Marchetti e quello ombra Augusto Seghene sono indagati per bancarotta) e mettendo in sella un commissario (l’avvocato Maurizio Consoli) che nel giro di un mese ha predisposto un piano di salvataggio sostenibile e non traumatico con l’appoggio di Coop Nordest e Conad. Le Coop sono un malato ancora in terapia intensiva ma a breve sarà sciolta la prognosi.
La speranza è che l’apertura di Porto Vecchio possa far scendere Trieste dal tapis roulant.
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