Il porto, i maxi-cantieri: sul Fvg la “mano” del crimine organizzato
TRIESTE Contrabbando, traffico di merce contraffatta, truffe, frodi fiscali, estorsioni e riciclaggio. Gli interessi nel turismo e nella ristorazione. Ma anche – e soprattutto – gli appetiti sui grandi investimenti infrastrutturali: dalla Terza corsia all’espansione del porto, inclusa la cantieristica navale.
La mano lunga della criminalità organizzata è sempre più una realtà anche in Fvg, Trieste compresa. D’altronde sono anni, ormai, che le infiltrazioni delle consorterie vengono documentate nelle indagini e nei report nazionali. L’ultimo dossier semestrale, preparato dal ministero dell’Interno sull’attività della Dia (la Direzione investigativa antimafia) per il periodo gennaio-giugno 2019, non è solo una conferma del fenomeno ma anche un monito sui rischi connessi agli sviluppi infrastrutturali, in primis il porto. «Tali aspetti – viene fatto notare nella relazione della Dia – rendono il territorio appetibile per tutte quelle consorterie che, avendo a disposizione ingenti capitali da investire, vedono anche nel Fvg un’area di possibile, silente infiltrazione nell’economica legale. Un’infiltrazione, soprattutto di carattere finanziario, che mette in pericolo l’economia sana del territorio e che non può essere sottovalutata».
TRIESTE
A preoccupare gli investigatori della Dia, sul piano dei rischi legati alle mafie, sono le opportunità di sviluppo legate all’allargamento del Punto franco, alla costruzione della piattaforma logistica, alla riqualificazione del Porto vecchio e il rafforzamento ferroviario in area portuale pattuito dagli accordi tra il governo italiano e quello cinese. «Si tratta di una grande opportunità di sviluppo economico – scrive la Dia – ma anche di potenziale interesse per la criminalità». D’altronde la vicenda scoppiata a fine 2017 – la compravendita della Depositi Costieri Trieste spa, con i soldi della camorra – aveva dimostrato che i timori degli investigatori non sono teoria. L’impresa portuale, specializzata nel rifornimento di carburante, era finita nella morsa del riciclaggio: gli amministratori che avevano acquisito l’azienda erano tutti pregiudicati, contigui al clan Veneruso di Volla.
Nella relazione viene citato anche il clamoroso caso del promotore finanziario di Portogruaro, Fabio Gaiatto, che aveva allargato i suoi affari in Slovenia e Croazia. Affari in cui erano emersi i collegamenti con ambienti camorristici. Otto gli arrestati, accusati di numerose estorsioni con metodo mafioso commesse in Croazia ma pianificate in Italia allo scopo di recuperare 12 milioni di euro riconducibili a una frangia del Casalesi. Nel giro del promotore finanziario era finito anche un muggesano. Ma il campo di interessi della criminalità organizzata, restando nel territorio di Trieste, si estende al contrabbando di sigarette: a marzo la Guardia di finanza aveva sequestrato 6 tonnellate. Gli imballaggi con i tabacchi erano occultati in un container transitato in porto. Avrebbero fruttato tre milioni. Il mese dopo, sempre in porto, le Fiamme gialle avevano intercettato cinquemila capi di abbigliamento contraffatti.
MONFALCONE
L’attenzione degli investigatori in provincia di Gorizia si è concentrata in particolare nei cantieri navali di Monfalcone, dove sono venuti a galla casi di sfruttamento e caporalato. I Carabinieri lo scorso maggio hanno arrestato un individuo che operava per conto di una società in subappalto e che costringeva gli operai a restituire parte dello stipendio.
PORDENONE e udine
Le indagini della Polizia hanno accertato la presenza della criminalità straniera a Pordenone: risale a febbraio e ad aprile l’arresto di due albanesi ritenuti responsabili di 66 furti perpetrati in case e ville tra la provincia di Pordenone e di Treviso, per un totale di due milioni di euro. Soldi che finivano anche in Albania, dove venivano reinvestiti. In provincia di Udine è stata constatata l’assidua attività della ’ndrangheta. La Dia cita un’inchiesta che ha portato all’arresto di un calabrese (indagato per estorsione e riciclaggio condotti con l’aggravante mafiosa), collegato a una società di trasporti friulana. I Carabinieri, infine, hanno portato alla luce un traffico di armi gestito da un gruppo appartenente alle cosche di Rosarno. Le armi venivano introdotte in Italia attraverso il confine italo-austriaco di Malborghetto Valbruna. —
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